
La previsione dell’anno scorso era che il segmento degli spumanti non sarebbe riuscito a trasformare completamente l’ottimo andamento delle vendite in profitti si è avverata. I dati 2016 che presentiamo oggi sono relativi alle principali aziende spumantistiche italiane (32 aziende) con oltre 1.5 miliardi di euro di fatturato (dato 2017) e esportazioni per circa 650 milioni (contro circa 1.4 miliardi totale riportato da ISTAT). Come vedete dalla tabella allegata, a fronte di un incremento delle vendite del 13%, nel 2016 il margine operativo lordo è cresciuto soltanto del 4% e l’utile operativo del 2%, a causa dell’incremento del costo delle materie prime (costato circa 7 punti percentuali dei circa 10 persi per strada nel 2016), del costo del personale (1 punto) e dei maggiori investimenti richiesti dall’attività e dalla crescita (2 punti). A “salvare” l’anno sono intervenuti dei benefici “sotto la linea” operativa come i proventi finanziari e straordinari che hanno comunque consentito di realizzare un utile netto cumulato di 86 milioni, il più elevato dal 2008 a questa parte. Il confronto con il campione totale naturalmente è impari: come vedrete dai grafici interni il differenziale sulla crescita delle vendite si allarga (ma si restringe quello sui margini). Il 2017 potrebbe essere un anno simile: le vendite crescono del 10% e probabilmente gli utili cresceranno di nuovo un po’ di meno, mentre il 2018, con un ulteriore moderazione della crescita delle vendite potrebbe portare a una minore tensione sui prezzi delle materie e quindi, finalmente, a un miglioramento dei margini. Vedremo se la proiezione è corretta! Intanto commentiamo qualche numero insieme.
- Le vendite delle 32 aziende considerate sono cresciute del 12% nel 2016 a 1.4 miliardi di euro, con un andamento positivo sia delle esportazioni (+11% per il campione a 581 milioni) che delle vendite domestiche (+14% a 827 milioni). La proiezione provvisoria sul 2017 porta a un ulteriore +10% a 1.55 miliardi di euro, con un +12% per l’export e un +8% per le vendite domestiche.
- Come dicevamo sopra, l’ottimo andamento commerciale è stato mangiato dai costi di approvvigionamento ed esterni, che hanno fatto calare il valore aggiunto dal 16.9% al 15.8%. Il costo del personale cresce del 7% mentre gli ammortamenti sono balzati del 10% visto che il comparto continua a investire pesantemente (come vedete sotto gli investimenti sono quasi il doppio degli ammortamenti, segno che questa tendenza continuerà). Ne risulta un MOL in crescita del 4.5% a 125 milioni e un utile operativo soltanto del 2% più alto del 2015, 90 milioni, per un ritorno sul capitale che cala dall’11% del 2015 al pur sempre interessante 10% del 2016.
- Sotto la linea operativa ci sono meno oneri finanziari, un forte contributo dei componenti straordinari e un calo della tassazione dal 30% al 24%, che determina un balzo dell’utile netto da 58 a 86 milioni di euro.
- La parte finanziaria vede un incremento del debito da 342 a 434 milioni di euro, quasi 100 milioni in più legato per la maggior parte all’aumento del capitale circolante (+70 milioni) e degli investimenti di 68 miloni, in ulteriore crescita rispetto ai 60 del 2015.
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