2010


La superficie vitata europea suddivisa per vitigno – dati EU 2009-10

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vitigni europa 2010 0

 

Una delle curiosità che ho sempre avuto era quella di sapere gli ettari vitati in Europa dei principali vitigni. L’Unione Europea ha reso nota una tabella, relativa al 2009/10 con una suddivisione della base ampelografica europea per vitigno. La pubblico oggi, con un po’ di rielaborazioni per mettere insieme vitigni uguali con nomi diversi. Restano diversi dubbi sulla completezza dei dati, che andrebbero oltretutto valutati alla luce delle recenti azioni per ridurre la dimensione della base vitata. Gli stessi numeri dell’Italia lasciano fuori dai 652mila ettari circa 98mila ettari che sono censiti come “altri”. Fatta questa premessa è interessante notare come i due principali vitigni in Europa siano spagnoli e non internazionali e che gli unici vitigni che secondo l’unione europea sono “multinazionali” sono quelli francesi, mentre praticamente nessun vitigno italiano salvo il Trebbiano è adottato al di fuori dei nostri confini. Guardiamo qualche numero in dettaglio.

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Evoluzione degli stili di consumo del vino in Francia – studio France Agrimer

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Fonte: France AgriMer

Ogni 5 anni France Agrimer, che è una specie di ISMEA francese, fa un’indagine su 4000 consumatori francesi per sondare gli stili di consumo di vino. Oggi commentiamo i dati relativi al 2010 e cerchiamo anche di confrontarli con quelli dell’Italia, il che ci porta a qualche considerazione interessante, per quanto forse amplificata dalla differenza nella rilevazione statistica. Le principali conclusioni dello studio sono: (1) il consumo di vino continua a scendere e a cambiare di stile. In Francia il ritmo storico di declino è tra i meno pronunciati fra i paesi storici produttori di vino in Europa; (2) la quota dei non consumatori non è cresciuta tra il 2005 e il 2010, ma è prevista in aumento di qui al 2015; (3) tra i non consumatori, gli “irrecuperabili” sono in realtà sono circa il 30%, mentre il 35% di loro in casi eccezionali hanno consumato oppure consumano soltanto spumanti; (3) continua il travaso tra consumatori abituali e sporadici e, all’interno degli sporadici diminuisce la frequenza di consumo; (4) il cambio dello stile di consumo negli ultimi anni sembra riguardare di più i maschi delle femmine, le quali mostrano una stabilizzazione degli stili di consumo; (5) confrontando Italia e Francia sembra che l’Italia sia più arretrata nella curva di evoluzione degli stili di consumo. Ci sono ancora troppi consumatori abituali rispetto agli sporadici, mentre è sorprendente notare come la quota dei non consumatori sia largamente superiore a quella francese, sempre che i dati siano veramente confrontabili. Passiamo ai numeri.

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Superficie coltivata italian per classe dimensionale – dati censimento ISTAT 2010

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Il tema delle dimensione delle aziende agricole è stato più volte affrontato sul blog. Oggi lo guardiamo brevemente a partire dai dati del censimento, e come abbiamo fatto negli altri post, consideriamo la superficie coltivata come punto di riferimento, quei 610mila ettari che erano 686mila. Diciamo subito che si fa fatica a confrontare i dati tra il 2000 e il 2010 perchè sono cambiate le classi e i dati erano basati sulle superfici investite e non coltivate. Se in parte è frutto della diversa classificazione, dall’altra ciò è un segno del cambio di marcia che ha avuto il nostro paese negli ultimi 10 anni, probabilmente non sufficiente a portarci in linea con gli altri paesi, ma certamente dei passi avanti sembrano essersi fatti. Il nuovo censimento ha una categoria “oltre 50 ettari”, che il censimento 2000 non aveva, dato che si fermava a “oltre 10 ettari”. Vediamo in dettaglio i numeri.

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Superficie vitata in Italia per zona – dati censimento 2000 e 2010

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Questo post ha richiesto un po’ di data input ma alla fine ne è valsa la pena. Che cosa ho fatto? Ho preso la superficie vitata in produzione 2010, 610mila ettari, suddivisa tra montagna, collina e pianura e l’ho analizzata non soltanto in modo statico ma mettendola in relazione con le stesse risultanze del censimento 2000 (e qui è stato lo sforzo di inserimento dei dati). Anzitutto questo ci chiarisce come è cambiata secondo il censimento la superficie in produzione: da 686mila ettari a 610mila ettari. Quindi un calo dell’11%. Ci dice poi dove e come è calata. Quali sono le conclusioni. (1) che la viticoltura di montagna è in netto calo ma soltanto al centro sud, mentre al nord è tenuta in piedi dal Trentino Alto Adige (dove tutto il vigneto è considerato montano da ISTAT); (2) che le superfici vitate calano meno in pianura, dove la coltivazione è più semplice; (3) che la superficie vitata in pianura è la parte preponderante del vigneto friuliano, pugliese, dell’Emilia Romagna e del Veneto. In 4 regioni si concentra il 76% dei vigneti in pianura in Italia. Andiamo nei numeri.

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Superficie vitata in Italia per forma di conduzione e titolo di possesso

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ISTAT ha cominciato a produrre una mole impressionante di dati sul censimento 2010 dell’agricoltura. I dati sono talmente tanti e talmente dettagliati che è facile perdersi. Questo post è il primo di una serie dove cerchiamo di analizzare la struttura del sistema produttivo italiano, analizzando i dati relativi alla superficie vitata, in questo caso quella “in produzione”. Partiamo con un disclaimer: abbiamo pubblicato in post precedenti una superficie vitata “ufficiale” di 632mila ettari nel 2010. Il database del censimento oggi parla di 664mila ettari totali e 610mila ettari in produzione. Proprio su questi 610mila ettari in produzione baseremo le nostre analisi. Oggi partiamo con l’analisi per forma di conduzione e per titolo di possesso. Cioè cerchiamo di capire come si struttura, a livello nazionale e regionale (le provincie le ho cancellate, come sostengo al governo Monti). Passiamo quindi all’analisi del giorno e cioè come si struttura il vigneto italiano dal punto di vista della proprietà e della conduzione. In grande sintesi, l’Italia resta un paese dove la conduzione dei vigneti resta fatta a livello personale dall’agricoltore su oltre l’80% della superficie in produzione e dove il modello unico “di proprietà” rappresenta oltre il 50% del totale. Ma vediamo i numeri in dettaglio.

 

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