I risultati delle aziende vinicole italiane (ex cooperative) – rapporto Mediobanca 2013

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Qualche giorno fa abbiamo analizzato i dati globali del rapporto Mediobanca, oggi invece ci concentriamo sulle 72 aziende vinicole che formano il campione (escluse quelle di proprietà estera). Sostanzialmente parliamo del “grosso” del settore escluse le cooperative che come sempre sporcano i dati a causa delle logiche gestionali differenti che le contraddistinguono. Diciamo che le conclusioni non sono differenti: i fatturati salgono, mentre gli utili no e, soprattutto, il 2012 è stato un anno di forti investimenti (penso alla grande cantina di Antinori, per esempio), il che ha messo ulteriore pressione ai ritorni sul capitale. Se è vero che il mercato italiano è una vera palla al piede, e lo si vede dal grafico dell’andamento relativo delle vendite storiche (le cooperative vanno molto meglio in Italia per la loro esposizione alla grande distribuzione e al range di prodotti tipicamente meno costoso), è altrettanto vero  che il mondo del vino italiano continua a non attrarre grandi capitali (salvo qualche sporadica apparizione di imprenditori di paesi ricchi che non sanno cosa fare dei soldi oppure vogliono “sdoganarsi” nella società italiana).

Prima di addentrarci nei numeri, vale la pena sottolineare che Mediobanca sta dando delle indicazioni più prudenti sul 2014 in termini di potenziali di forte crescita delle vendite. Secondo il sondaggio, se quasi nessuno (8%) pensa di subire dei cali, soltanto una piccola parte (di nuovo 8%) pensa che le vendite possano crescere a doppia cifra. Erano il 27% lo scorso anno e il 40% due anni fa… Andiamo a vedere i numeri insieme.

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  • Il fatturato 2012 delle 72 aziende è cresciuto del 7% a 2.9 miliardi di euro, con un incremento del 12% delle vendite all’estero e del 2% in Itallia. Le vendite estere sono salite dal 51% al 54% del totale e dovrebbero ulteriormente incrementarsi nel 2013, quando le indicazioni preliminari parlano di una crescita totale del 3% con un export a +6%, il che lascia intendere fatturato italiano stabile.
  • I margini calano a fronte del citato incremento dei costi delle materie prime vinicole (poche aziende qui rappresentate hanno una vera integrazione verticale vigna-bottiglia). Il valore aggiunto perde 170 punti base dal 22% al 20.3%, il MOL scende dal 12.3% all’11.1% delle vendite, e a fronte di ammortamenti in crescita del 4%, l’utile operativo cumulato scende da 221 a 205 milioni di euro, calo del 7%. Le 72 aziende raggiungono un utile netto di 100 milioni, il 15% più basso del 2011.
  • La struttura finanziaria peggiora leggermente nel 2012, a fronte di un forte incremento degli investimenti, saliti da 115 a 213 milioni di euro, un rapporto di 1.8 volte gli ammortamenti. Il debito sale quindi del 10% a 1.26 miliardi di euro, con un rapporto sul MOL di 3.9 volte e sul patrimonio del 60%. Il primo livello è piuttosto alto (diciamo che oltre 3 volte si comincia a pagare interessi più salati) mentre il secondo è molto basso, segno della forte patrimonializzazione delle aziende del settore.
  • Il ritorno sul capitale è calato di nuovo sotto il 7%, con un ritorno per gli azionisti dopo le tasse del 5%. Troppo poco.
  • Possiamo con questi dati arrivare a una tendenza su 9 anni (a valori concatenati). Le aziende vinicole italiane hanno dunque su questo periodo messo a segno i seguenti tassi di crescita: vendite +4.1%, MOL +2.2%, Utile operativo +1.7%, Utile netto -1.1%. Il ritorno sul capitale è passato dal 9.6% del 2003 al 6.7% del 2012. Il fatturato per dipendente è cresciuto dell’1.5%, mentre il debito ha segnato un incremento del 4% annuo, come le vendite ma ben più degli utili…
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Fondatore e redattore de I numeri del vino. Analista finanziario.

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