2012


Campari divisione vino – risultati primo trimestre 2012

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I primi 3 mesi 2012 del gruppo Campari hanno mostrato un visibile calo delle vendite di vino, parte dovuto alla crisi e parte dovuto a fatti contingenti. Fatto sta che il fatturato è stato di 32.4 milioni di euro, contro 34.3 milioni, con una crescita organica negativa dell’8%. Che cosa è successo? Diverse cose. Primo, Campari aveva un parametro di confronto estremamente difficile nel 2011, quando le vendite crebbero del 30%. Secondo, Campari sta spostando la distribuzione in Russia da un distributore indipendente alla sua filiale distributiva, e ha quindi interrotto la spedizione di alcuni prodotti durante parte del trimestre. Ciò ha determinato un minor export di Cinzano Vermouth ma anche di alcuni marchi storicamente legati alla Russia come Mondoro. Gli effetti sono ben visibili nei grafici allegati.

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Importazioni di vino in Italia – aggiornamento 2011

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L’andamento delle importazioni di vino in Italia ha nel 2011 seguito in modo abbastanza fedele l’export in termini di variazione percentuale. Giusto per ricordare il contesto: l’Italia importa essenzialmente spumanti e vino sfuso. Sul periodo gennaio-dicembre 2011 le importazioni sono cresciute del 14%, rispetto a un incremento del 12% delle esportazioni. I valori in gioco come ben sapete sono del tutto diversi: l’export e’ 4.4 miliardi di euro, l’import e circa 300 milioni di euro. I principali mercati da cui importiamo sono i medesimi: la Francia, gli USA e la Spagna, un po’ di Portogallo. Il vino cileno, argentino o australiano sono “inesistenti” con valori ricompresi tra 1 e 2 milioni di euro annui. Diverso e’ il discorso sui volumi, dove invece nel corso del 2012 le importazioni sono cresciute del 50% a 2.3 milioni di ettolitri: tale incremento e’ essenzialmente dovuto a un forte incremento delle importazioni dalla Spagna di vino sfuso. Gli addetti ai lavori conosceranno sicuramente meglio di me di che cosa si tratta nello specifico. Senza avere informazioni specifiche si potrebbe ipotizzare che il calo della produzione in Italia potrebbe aver “aperto” un canale di importazione di prodotto a basso costo dalla Spagna.

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Esportazioni di vino Italiano – aggiornamento febbraio 2012

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In un clima nazionale devastato da dati macroeconomici che puntano spaventosamente verso il basso, commentare dati ancora così positivi sulle esportazioni italiane sembra o fuori luogo, o frutto di un errore di calcolo (mi sembrano però corretti, e mi fermo qui). Dunque, se è vero che la tendenza ribassista dei volumi continua, avendo perso altri 80mila ettolitri in volume, l’export di febbraio a valore è andato molto bene, con un +11% che sburgiarda i due dati di dicembre e gennaio quando eravamo a una crescita inferiore al 5%. Che cosa significa tutto ciò? A prima vista, ma qui gli esperti mi verranno incontro, i volumi che mancano sono quelli del vino “in eccesso” che veniva sparato fuori dall’Italia a qualsiasi costo (cioè prezzo) per eliminare le scorte. I numeri più eclatanti in questo senso sono proprio quelli dei vini sfusi: i volumi calano del 15%, il valore cresce del 12%, manco avessimo regalato i volumi in più dell’anno scorso. Andiamo nel dettaglio dei numeri.

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Esportazioni di vino Italiano – aggiornamento gennaio 2012

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Le esportazioni di vino di gennaio segnano l’inversione di tendenza dei volumi per il secondo mese di fila. Anche se il valore è ancora in crescita, anche in questo caso i valori sembrano essere in via di stabilizzazione intorno a 4.4 miliardi di euro. Giusto per dare un flash e prima di addentrarci nei numeri, le esportazioni a valore sono state in crescita in tutte le categorie in gennaio, mentre dal punto di vista dei volumi tengono soltanto quelli del vino imbottigliato. Infine, una sorpresa che dura ormai da due o tre mesi: le esportazioni in Cina non stanno più crescendo, dopo un 2011 comunque positivo che commenteremo tra qualche giorno. E ora i numeri…

 

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Il vento dell’Europa. Di Angelo Gaja

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Il mercato del vino italiano attraversa una fase di profondo cambiamento ed offre spunti di lettura contrastanti. Il consumo interno cala mentre l’export cresce. Ci sono produttori di vino che fanno difficoltà a vendere ed hanno le cantine piene, altri che sfruttano le opportunità dei mercati e svuotano le cantine. Il pessimismo di maniera si confronta con la retorica dell’ottimismo. Dove sta la verità? I numeri non dicono tutto ma aiutano a capire. L’export del vino italiano sfiora i venticinque milioni di ettolitri annui ed il consumo interno è di poco superiore ai venti: assieme costituiscono un fabbisogno di quarantacinque milioni di ettolitri ai quali va aggiunta la richiesta degli acetifici e degli utilizzatori di alcol. La produzione annuale dell’Italia rilevata dalla media degli ultimi cinque anni stenta a soddisfare il fabbisogno. Il vino verrà a mancare?

CAUSE CHE CONTRIBUISCONO AD EQUILIBRARE IL MERCATO
Hanno contribuito il riscaldamento climatico e lo stato di avanzata obsolescenza del cinquanta per cento dei vigneti  italiani ma ad accelerare il processo, in modo largamente inatteso, sono gli effetti prodotti dalla riforma del mercato europeo del vino voluta, imposta da Bruxelles ed entrata in vigore il 1° agosto 2009. Essa si era ispirata al comune buon senso, merce rara, mettendo la parola fine all’enorme spreco perpetuato per oltre trent’anni di denaro pubblico destinato alla distruzione delle eccedenze ed introducendo misure atte a riequilibrare il mercato del vino. I contributi comunitari prima largamente sperperati vengono ora destinati a co-finanziare l’azione di promozione dei produttori di vino sui mercati extracomunitari e fanno volare l’export nonostante i tempi di crisi. In breve tempo il numero delle cantine esportatrici è cresciuto di oltre il trenta per cento, sdoganando anche un ampio numero di produttori artigiani, incoraggiandoli a fare rete, ad andare sui mercati esteri a narrare, a raccontare storie e passioni legate a tradizioni od innovazioni, rendendoli compartecipi della costruzione di una immagine più autorevole del vino italiano. A causa di tutto ciò sono in molti ormai a ritenere che il mercato del vino italiano stia vivendo un profondo cambiamento strutturale, mai vissuto prima, per affrontare il quale viene richiesto un approccio culturale diverso.

PENSARE DIVERSAMENTE
Andrà rafforzata l’azione di vigilanza per prevenire la produzione di vino falso. Occorre smettere di pensare che la concorrenza ce la dobbiamo fare tra produttori italiani, che il nemico sia il collega concorrente vicino di casa. Non è pensabile che la pioggia di contributi comunitari per co-finanziare l’export del vino europeo sui mercati extra-europei continui ininterrottamente: perché mai i cittadini europei dovrebbero essere tassati per realizzare questo obiettivo? Imparare a costruire reti di impresa anche soltanto con soldi propri.
Il mercato interno resta quello più difficile ma è prezioso perché forma e costruisce gli imprenditori: è un errore screditarlo o trascurarlo. I produttori i cui vini godono di un adeguato posizionamento sul mercato italiano sono spesso gli stessi che raccolgono buoni risultati sui mercati esteri.
L’equilibrio tra domanda ed offerta porrà a tutti maggiori responsabilità ma è di forte sprone per produttori ed operatori a crescere, a divenire imprenditori più capaci e preparati ad affrontare il mercato.
Angelo Gaja, 19 marzo 2012