Il consumo di bevande alcoliche in Italia – aggiornamento ISTAT 2012

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Nell’ambito del generale cambiamento del modello di consumo di bevande alcoliche, i dati rilasciati da ISTAT mostrano chiaramente l’impatto della crisi. Se è vero che il consumo meno abituale e meno legato all’evento del “pasto” favorisce una diversificazione nel ventaglio delle bevande (dal vino verso altre categorie), nel 2012 si osserva un deciso calo nel numero di consumatori di vino, con un ulteriore travaso da quelli abituali a quelli sporadici. Sta di fatto che nel 2012 chi beve vino almeno una volta all’anno in Italia è sceso dal 52% della popolazione (sopra gli 11 anni), ossia 28.1 milioni di persone. Di questi, 11.6 milioni sono consumatori abituali, i restanti 16.5 milioni sporadici. Penso di non dire un’ovvietà nel sottolineare che il vino resta la bevanda alcolica per eccellenza in Italia, però se vedete i grafici allegati vi accorgerete che il vantaggio si sta assottigliando. Se 15 anni fa la penetrazione del vino era 10 punti percentuali superiore a quella della birra e 17 punti sopra quella delle altre bevande alcoliche, nel 2012 il vantaggio è sceso a 6 e 12 punti percentuali rispettivamente. Infine, uomini e donne calano in maniera paragonabile nel consumo di vino, mentre non è vera la stessa cosa nel consumo di birra e degli altri alcolici… Analizziamo i dati in dettaglio.

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  • Secondo ISTAT nel 2012 soltanto il 51.9% della popolazione ha bevuto vino, contro il 53.3% del 2011 e il 56% di 5 anni fa. La forbice contro le altre bevande si sta assottigliando, dato che nel caso della birra i consumatori sono sempre nell’intorno del 46% della popolazione, mentre per quanto riguarda le altre bevande alcoliche i dati mostrano una stabilizzazione (dopo la crescita degli anni scorsi) intorno al 40.5% della popolazione. In totale, il consumo di bevande alcoliche riguarda una fetta del 64.6% della popolazione italiana.
  • I segni della crisi sono chiaramente evidenti non soltanto dalla penetrazione totale delle bevande alcoliche, quanto nel consumo abituale, che nel 2012 è letteralmente crollato. Soltanto il 23.6% della popolazione è oggi un consumatore abituale di bevande alcoliche, contro il 26% del 2011 e il 29% di 5 anni fa. Anche il rapporto tra consumatori abituali e consumatori totali scende, dal 40% al 36%.
  • Passando più in particolare al vino, i consumatori abituali sono scesi dal 23.6% al 21.5% degli italiani, cioè oggi soltanto il 41% di chi consuma vino lo fa in modo abituale. All’interno di questa fascia, come potete vedere dall’ultima tabella sta definitivamente scomparendo la quota di chi beve oltre 0.5 litri di vino al giorno, ormai soltanto il 2.5% della popolazione sopra gli 11 anni, contro il 4% del 2007 e il 3% del 2011.
  • Nella suddivisione dei consumatori per sesso si notano un paio di tendenze interessanti. A distanza di 5 anni il vino ha perso il 3.4% dei consumatori sia tra gli uomini che tra le donne. Invece, la birra e gli altri alcolici hanno perso l’1.1% e l’1.7% dei consumatori maschi ma lo stesso non si può dire per il segmento femminile dove, partendo da livelli di penetrazioni molto inferiori, il consumo di birra è stabile e quello degli altri alcolici è addirittura cresciuto.
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Fondatore e redattore de I numeri del vino. Analista finanziario.

4 Commenti su “Il consumo di bevande alcoliche in Italia – aggiornamento ISTAT 2012”

  • Nicola

    Articolo interessate, ma non sarà che i consumi sono calati per dare spazio ad una qualità maggiore?

  • bacca

    Secondo me, più che un aumento della qualità si sta verificando un cambio generazionale. I consumatori che smettono di consumare bevono un certo vino, quelli che entrano ne bevono degli altri (come dici tu di maggiore qualità), in momenti diversi della giornata, con frequenze differenti.
    Io non credo che in questa fase in Italia i consumatori bevano vini più buoni e più costosi. Magari ne bevono un po’ di meno.

    bacca

  • Emilio Ridolfi

    Concordo con Marco: si beve meno vino e basta. La storia che si beve meno e meglio non funziona più….

  • Elisabetta Chiappino

    È importante comprendere che: un calo di cosumo drastico di un prodotto come ” il vino da tavola” influisce non solo banalmente sui fatturati, ma obbliga sul lungo periodo ad utulizzare diversamente quelle uve, e ancor peggio all’abbandono delle stesse perché troppo inersosa la vendita, ammenoche non si vada verso l’esportazione…Non bere più ” due dita di rosso a pranzo” nel giro di un decennio, farà cambiare l’aspetto delle nostre colline. Non si beve più a pasto per paura dell’alcool test, oppure perchè il vino é diventato uno status symbol in ambienti di nicchia e segue le mode, e non é più tradizione, cultura, storia, ricordi…habitus…

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