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La classifica dei grandi marchi di vino nel mondo Liv-Ex – aggiornamento 2021

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È uscita quest’anno in anticipo la classifica Liv-Ex  dei grandi vini, chiamata “Power 100”. Per chi non la conoscesse si tratta di una lista di produttori di vino pubblicata ogni anno e basata su un punteggio calcolato usando la quantità di bottiglie scambiate sulla “borsa merci” del Liv-ex, il loro prezzo medio e l’andamento del prezzo e così via. Nel 2021 il leader assoluto (anche a una buona distanza dal secondo) è Domaine Leroy, che era primo anche nella classifica 2020 e in quella 2018. La Borgogna attua in questa classifica il sorprasso su Bordeaux, avendo Continua a leggere »

Utili, margini e ritorno sul capitale delle principali aziende vinicole – aggiornamento 2020

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Proseguiamo l’analisi dei bilanci 2020 delle aziende vinicole italiane con il focus sul capitale investito, sui margini e sul ritorno sul capitale. I dati di quest’anno sono più difficili da analizzare per via della discontinuità del Covid, che ha abbassato del 14% circa l’utile operativo cumulato di queste aziende rispetto al 2019 (a fronte di un calo delle vendite del 5% e per un margine quindi sceso dall’8% al 7%), ma anche per via di una discontinuità contabile. Mi riferisco alla rivalutazione dei marchi e degli attivi che il fisco italiano ha consentito nel 2020 a fronte del pagamento di una tassa del 3% sul valore rivalutato (che quindi fa crescere il capitale investito in modo artificiale). Su questo valore sarà poi consentito un risparmio fiscale spalmato su 18 anni pari all’aliquota fiscale (24%). Un vero e proprio regalo (ingiustificato a parere di chi scrive e scandaloso se andate a leggervi il modo in cui si è “intrufolato” nella legge finanziaria 2020) che ora il Governo Draghi sta cercando di correggere (allungando il periodo di rientro da 18 a 50 anni, ma ormail il danno è fatto). Tornando ai nostri numeri, Antinori ovviamente continua a posizionarsi ai vertici del ranking dei margini, davanti a Frescobaldi, Santa Margherita e Botter e resta anche l’azienda con il maggior capitale investito (spinto nel 2020 dalla rivalutazione di cui dicevamo). In termini di ritorno sul capitale, sono le aziende con relatiamente meno capitale e meno integrazione verticale, esposte agli spumanti, che “vincono” e quindi parliamo di Enoitalia, Santa Margherita, Villa Sandi, Mionetto e via dicendo.

Nel resto del post trovate matrici di posizionamento, ranking e anche il grafico animato che mi sono ricordato di aggiornare. Vi ricordo che nella sezione Solonumeri si è aperta una sezione dedicata ai dati finanziari. Buona consultazione.

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Classifica fatturato e valore aggiunto delle aziende vinicole italiane 2020 – fonte: Area Studi Mediobanca

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Le usuali classifiche delle aziende vinicole italiane relative al 2020 sono un po’ meno lineari e leggibili che in passato per via di due fattori: uno positivo, che è il consolidamento in atto con due grandi operazioni che si completano nel 2021 (IWB/Enoitalia e Botter/Mondodelvino) e uno negativo, ma non per tutti, che è il COVID. Per questo motivo le tabelle oggi sono doppie, una con i dati come sono riportati nel 2020, e una con una simulazione a tendere che include un pro-forma del combinato di queste due operazioni. Venendo ai numeri, come dicevamo ci sono vincitori e vinti nel 2020, e qualcuno è anche scomparso dalla classifica avendo fatto meno di 50 milioni di fatturato (il taglio del rapporto Mediobanca). Se prendiamo i numeri di queste aziende, ne esce un calo del 2.5% del fatturato, del 5% del valore aggiunto e, volendo antipare l’argomento di uno dei prossimi post, del 14% degli utili. La leadership tra le aziende cooperative e in generale resta saldamente in mano a Cantine Riunite/CIV/GIV, che perde il 5% di fatturato, mentre la seconda nella lista “pro-forma” è IWB/Enoitalia +14% e uno dei chiari vincitori dell’era Covid. Il terzo è Caviro, mentre il quarto diventa il nuovo combinato Botter/Mondodelvino (+6%, altro vincitori). Antinori con un calo delle vendite del 13% a 213 milioni diventa il quinto gruppo vinicolo italiano nel 2020 “pro-forma”, ma guida senza nessun rivale la vera classifica, quella del valore aggiunto, con 141 milioni di euro (-11%). In questa lista, che rispecchia meglio il valore industriale delle operazioni, il secondo operatore in Italia resta CR/CIV/GIV (93 milioni e -15%), mentre il terzo diventa Santa Margherita, con un andamento particolarmente positivo (+1% a 86 milioni). Botter/MDV diventerebbe nella nuova configurazione il quarto player in Italia con 75 milioni nel 2020 (+23%), sopravanzando Frescobaldi (64 milioni, -2%).

A proposito, prima di lasciarvi alle tabelle e grafici nel resto del post (compreso quello animato), vi avverto che ho “inaugurato” una nuova sezione di Solonumeri relativa ai dati finanziari, dove potete fare copia-incolla dei dati, per ora relativi a questo post, ma con un programma ambizioso di mettere i dati di tutte le principali aziende. La nuova sezione è a questo collegamento.

Fonte: elaborazione inumeridelvino.it su dati Area Studi Mediobanca

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La classifica dei grandi marchi di vino nel mondo Liv-Ex – aggiornamento 2020

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Fonte: LIV|EX – The fine wine market

Ormai l’hanno scritto tutti. I grandi vini italiani nel 2020 hanno letteralmente invaso la classifica dei vini più pregiati stilata da LIV|EX ogni anno e pubblicata un paio di settimane fa. Non solo l’Italia è passata dagli 8-10 vini che mediamente figuravano in classifica ai 17 del 2020, ma di questi 17 ben quattro sono nella top ten. Si tratta di Gaja (numero 3), Sassicaia (4), Ornellaia (6) e Masseto (9). Come potete poi leggere all’interno del post, soltanto nel 2014 e nel 2019 un vino italiano aveva raggiunto la top-10 di LIV|EX ed era sempre stato il Sassicaia. Come sapete la classifica è redatta secondo un insieme di parametri che includono i volumi di scambio, l’andamento dei prezzi, il numero di etichette trattate per marchio e via dicendo. Per i vini italiani il 2020 è stato un anno in progresso sotto tutti gli aspetti: i prezzi sono mediamente cresciuti del 6%, di più che per tutte le altre nazioni (media 3.2%), i vini scambiati sono stati circa 25 per etichetta in media, ancora sotto le medie francesi ma in costante progresso rispetto agli scorsi anni. Il prezzo in valore assoluto resta mediamente tra i più bassi (circa 1700 sterline per cassa da 9 litri) ma un vino italiano che costava 100 euro nel 2009 è arrivato a valere 235 euro nel 2020, pareggiando la performance del Bordeaux (236) e superando sia Champagne che Rodano (circa 215).

Proprio i vini francesi che appaiono in declino. Sicuramente Bordeaux, che per la prima volta ha un solo nome tra i primi 10. Ma anche tante stranezze. Si tratta di un anno il 2020 differente da tutti gli altri non solo per il COVID. Speriamo non lo sia per il vino italiano.

Bene, nel post trovate la classifica completa e l’evoluzione storica delle posizioni dei grandi marchi del vino italiano. Spero che nonostante l’arrivo ritardo l’analisi possa aggiungere un po’ di valore a quanto avete letto sinora.

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La classifica della competitività per nazione vino – dati France Agrimer 2019

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L’analisi della struttura concorrenziale del mercato del vino è stata aggiornata da France Agrimere per il 2019. Come sapete forse avendo letto le analisi precedenti si tratta di un sistema a punti (massimo 1000) in cui vengono valutate le caratteristiche strutturali produttive e macroeconomiche, la forza dei marchi, ma anche alcune caratteristiche congiunturali. Alcune delle conclusioni sono forse discutibili e la classifica è un po’ volatile, dato che alcuni punteggi variano per esempio in relazione ai livelli produttivi, ma comunque il quadro di insieme non è secondo me totalmente sbagliato. Nel grafico mobile sopra vedete come sono cambiate le posizioni negli anni. Per il 2019 la principale conclusione è che si sono rafforzati i quattro paesi dell’Europa continentale che sono la “storia” del vino: Francia, Italia, Spagna e Germania, mentre peggiora soprattutto per questioni congiunturali (e dunque non di lungo termine) la posizione del Cile. Il tutto nell’ambito di un “punteggio” globale in sostanziale miglioramento. Il 2020 sarà naturalmente tutta un’altra cosa. Per ora e per quanto riguarda l’Italia, secondo lo studio il punteggio migliora, ma unicamente per le caratteristiche strutturali produttive (potenziale produttive e caratteristiche climatiche), dove già siamo considerati i più forti, mentre siamo stabili sui fattori competitivi (dietro la Francia) e peggioriamo nei fattori puramente economici, dove siamo preceduti anche da Spagna e USA. A proposito, se vi interessa leggere lo studio originale, in lingua francese, lo trovate a questo link. Passiamo all’analisi.

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