Fondatore e redattore de I numeri del vino.
Analista finanziario.
6 Commenti su “La dimensione media delle aziende vinicole italiane – censimento ISTAT 2010”
michele antonio fino
Caro Marco,
Permettimi un dubbio.
Non vorrei che trasparisse un interpretazione dei dati nel senso: Nel 2010 ci sono meta delle aziende viticole del 2000. Tout court.
Non è così.
C’è la metà delle aziende con superficie investita in viticoltura rispetto al 2000. Questo sì e certo una parte di questo numero dipende da aziende viticole che hanno cessato l’attività. Ma soprattutto, è cessato il policulturalismo: Chi fa il vino oggi o chi produce uva, si è sempre di più specializzato.
Mi spiego?
Ecco perché con questi numeri tracollanti tra 1982 e 2010, l’Italia è diventata il primo produttore mondiale per volume e il numero imbottigliatori cresce tutt’ora.
bacca
Ciao Michele,
grazie del commento e del valore aggiunto che porti per migliorare la comprensione dei numeri.
Non credo ci siano interpretazioni errate, soprattutto nel testo del post dove traspare la positività di una concentrazione della produzione, tuttora estremamente frammentata e quindi poco efficiente. Ben venga dunque la specializzazione che menzioni nel commento!
Sul sottolineare il primato mondiale per volume sono invece particolarmente critico. L’Italia non ha il primato mondiale nel settore del vino, purtroppo. I francesi producono quasi tanto vino quanto noi ma lo vendono a un prezzo circa doppio rispetto al nostro…
a proposito, buon anno!
bacca
Michele A. Fino
Caro Marco,
dicevo e ribadisco, infatti, primo produttore PER VOLUME che significa in termini di ettolitri e non di valore di mercato.
Ma per fare gli ettolitri ci vogliono le vigne e quindi, a mio avviso, c’è stata specializzazione, c’è stato milgioramento dei vigneti (obiettivo delle PAC e delle OCM vino dalla fine gli anni ’80) ed è cessata la pratica policolturale. Chi fa uva oggi lo fa a titolo principale. Ovvio che produce di più e meglio di quanto faceva analoga superficie parcellizzata in dieci aziende multicolturali, che in buona misura peraltro producevano per autoconsumo e quindi sfuggivano al “censimento ettolitri”.
Insomma, quello che secondo me non dovrebbe passare, a livello di messaggio è che per ogni ettaro non più a vite ci sia un viticoltore che ha smesso e/o abbandonato. IN buona misura, a mio avviso (ma i numeri di Toscana e Piemonte pre e post fine dei vecchi contratti agrari mi confortano) abbiamo perso per la strada allevatori, frutticoltori, cerealicoltori che avevano anche una vigna: non ce l’anno più e al posto della stessa coltvano altro.
Certo, in Valle d’Aosta e in altre zone fortemente ostiche abbiamo anche avuto abbandoni. Ma sul totale, a mio dire ha pesato maggiormente una specializzazione produttiva nelle diverse branche dell’agricoltura.
bacca
Grazie Michele.
Il tuo discorso lo capisco bene ed e’ una puntualizzazione molto utile per chi legge. Detto questo non mi pare che ISTAT faccia una distinzione tra chi opera “esclusivamente” come viticoltore e chi no (ma dovrei controllare con piu’ precisione nei meandri del censimento).
Se hai dei numeri o delle stime sull’andamento dei viticoltori “esclusivi” piemontesi e toscani tra i due censimenti, potrebbero essere utili a chi e’ interessato all’argomento.
In tutto questo, la superficie vitata italiana resta eccessivamente frammentata (come tante altre cose in Italia…)
bacca
Luciano
Scusate, quante sono le aziende/ cantine in Italia? 383000 ! Sspevo di 35000 .? Quale fonte?
Saluti
bacca
Caro Luciano, i dati sono relativi al censimento del settore agricolo del 2010 compilato da ISTAT.
Marco
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Caro Marco,
Permettimi un dubbio.
Non vorrei che trasparisse un interpretazione dei dati nel senso: Nel 2010 ci sono meta delle aziende viticole del 2000. Tout court.
Non è così.
C’è la metà delle aziende con superficie investita in viticoltura rispetto al 2000. Questo sì e certo una parte di questo numero dipende da aziende viticole che hanno cessato l’attività. Ma soprattutto, è cessato il policulturalismo: Chi fa il vino oggi o chi produce uva, si è sempre di più specializzato.
Mi spiego?
Ecco perché con questi numeri tracollanti tra 1982 e 2010, l’Italia è diventata il primo produttore mondiale per volume e il numero imbottigliatori cresce tutt’ora.
Ciao Michele,
grazie del commento e del valore aggiunto che porti per migliorare la comprensione dei numeri.
Non credo ci siano interpretazioni errate, soprattutto nel testo del post dove traspare la positività di una concentrazione della produzione, tuttora estremamente frammentata e quindi poco efficiente. Ben venga dunque la specializzazione che menzioni nel commento!
Sul sottolineare il primato mondiale per volume sono invece particolarmente critico. L’Italia non ha il primato mondiale nel settore del vino, purtroppo. I francesi producono quasi tanto vino quanto noi ma lo vendono a un prezzo circa doppio rispetto al nostro…
a proposito, buon anno!
bacca
Caro Marco,
dicevo e ribadisco, infatti, primo produttore PER VOLUME che significa in termini di ettolitri e non di valore di mercato.
Ma per fare gli ettolitri ci vogliono le vigne e quindi, a mio avviso, c’è stata specializzazione, c’è stato milgioramento dei vigneti (obiettivo delle PAC e delle OCM vino dalla fine gli anni ’80) ed è cessata la pratica policolturale. Chi fa uva oggi lo fa a titolo principale. Ovvio che produce di più e meglio di quanto faceva analoga superficie parcellizzata in dieci aziende multicolturali, che in buona misura peraltro producevano per autoconsumo e quindi sfuggivano al “censimento ettolitri”.
Insomma, quello che secondo me non dovrebbe passare, a livello di messaggio è che per ogni ettaro non più a vite ci sia un viticoltore che ha smesso e/o abbandonato. IN buona misura, a mio avviso (ma i numeri di Toscana e Piemonte pre e post fine dei vecchi contratti agrari mi confortano) abbiamo perso per la strada allevatori, frutticoltori, cerealicoltori che avevano anche una vigna: non ce l’anno più e al posto della stessa coltvano altro.
Certo, in Valle d’Aosta e in altre zone fortemente ostiche abbiamo anche avuto abbandoni. Ma sul totale, a mio dire ha pesato maggiormente una specializzazione produttiva nelle diverse branche dell’agricoltura.
Grazie Michele.
Il tuo discorso lo capisco bene ed e’ una puntualizzazione molto utile per chi legge. Detto questo non mi pare che ISTAT faccia una distinzione tra chi opera “esclusivamente” come viticoltore e chi no (ma dovrei controllare con piu’ precisione nei meandri del censimento).
Se hai dei numeri o delle stime sull’andamento dei viticoltori “esclusivi” piemontesi e toscani tra i due censimenti, potrebbero essere utili a chi e’ interessato all’argomento.
In tutto questo, la superficie vitata italiana resta eccessivamente frammentata (come tante altre cose in Italia…)
bacca
Scusate, quante sono le aziende/ cantine in Italia? 383000 ! Sspevo di 35000 .? Quale fonte?
Saluti
Caro Luciano, i dati sono relativi al censimento del settore agricolo del 2010 compilato da ISTAT.
Marco