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Vi presento oggi l’elaborazione dei dati pubblicati da MBRes sulle principali aziende italiane, dalle quali ho estratto quelli del settore vino, con qualche dovuta aggiunta per completare il quadro. Che cosa ci dicono questi dati? Come abbiamo visto nelle varie recensioni pubblicate durante l’anno, il 2016 è stato un anno positivo per gli operatori italiani, anche se non tanto quanto l’anno precedente. Il fatturato “aggregato” di queste 29 società delle quali potete consultare i dati è stato di 3.9 miliardi, il 5.4% in più del 2015, che invece, riparametrando i dati sul campione aggiornato, era cresciuto dell’8%. I dati sul valore aggiunto, che come ben sapete rappresentano a mio avviso il vero indicatore dell’evoluzione delle aziende e della loro rappresentatività, è cresciuto alla stessa velocità, +4.7% (da 765 milioni a 801 milioni), una velocità dimezzata rispetto al balzo del 10% registrato dal campione nel 2015, che si spiega in parte per il mancato beneficio della rivalutazione dell’euro nel corso dell’anno. Il leader in termini di fatturato resta sempre GIV, con 365 milioni di vendite, che unito alla controllante Cantine Riunite/CIV, raggiunge 578 milioni di euro, precedendo Caviro e Antinori. Quest’ultima, in realtà, è la vera azienda leader italiana, dato che dai 220 milioni di fatturato estrae ben 138 milioni di valore aggiunto, contro 98 milioni del conglomerato CR/CIV/GIV. La progressione di Antinori, che potete apprezzare dai grafici che sono qui allegati è impressionante: Stiamo parlando di una crescita dell’11% nel valore aggiunto 2016 e del 10% medio annuo dal 2011 a questa parte. La vera novità di questi numeri è quella di Santa Margherita, della quale potete apprezzare il balzo del valore aggiunto (+74%) derivante dalla acquisizione dell’importatore americano. In questo modo Santa Margherita diventa la terza forza del settore in Italia e, con le recenti acquisizioni, probabilmente continuerà a mostrare progressi importanti. Un’ultima considerazione, prima di passare ai dati di dettaglio: questa classifica vede sempre gli stessi attori da quando la redigo. Significa che non c’è stata nessuna vera grande operazione di trasformazione, soprattutto nel mondo non cooperativo, in tutti questi anni. Molte piccole acquisizioni, ma nessuna di queste aziende ha mangiato una delle altre. Si ripropone il solito problema italiano che ho affrontato nella recente newsletter (a proposito, iscrivetevi mandandomi una email), e cioè che in Italia tutti stanno bene a casa propria. E questo è tanto più vero in un mondo come quello del vino fatto di grandi ricchezze patrimoniali. Dopo il lungo preambolo, passiamo ai dati.