I conti semestrali di LVMH sono stati recepiti favorevolmente dagli investitori borsistici, grazie a una ripresa del tasso di crescita delle vendite giunto inatteso. Nel caso della divisione vini, sulla quale oggi noi ci focalizziamo, il discorso è un po’ diverso da quello dell’area beni di lusso/pelletteria. Infatti, la divisione ha accelerato la crescita (+3.5% per i volumi e +2% prima dei cambi e, importante, +13% dai cambi!), ma non come nel caso della pelletteria. Nel caso del Cognac e degli spirits, si tratta di un ritorno sui livelli di fatturato storici, dopo il calo degli anni passati, in quello del vino e dello Champagne si tratta in effetti di un massimo storico per il primo semestre, anche se arriva con dei margini non comparabili con quelli del passato.
La strategia del gruppo è globale sia dal punto di vista del prodotto che dei mercati. Sul prodotto, LVMH ha appena lanciato uno Champagne “Veuve Cliquot Rich”, fatto apposta per essere mixato nei cocktail (puristi non svenite per piacere) e si sta espandendo con un business locale in Cina e India di produzione di vino da vigne locali. Le attese per il secondo semestre sono positive. Se la Cina continuerà ad essere un problema per il Cognac Hennessy, il prodotto (che è già cresciuto del 6% in volume nel semestre) continua a espandersi all’estero, con la debolezza dell’euro a fare da volano. Andiamo a leggere i numeri insieme.
- Le vendite della divisione sono 1.93 miliardi di euro, con una crescita del 15%, di cui il 2% è organica (+3.5% volumi, -1.5% prezzo-mix) e il 13% è impatto cambi (debolezza dell’euro).
- Le vendite in Asia sono praticamente stabili a oltre 600 milioni, mentre gli USA esplodono combinando il dollaro forte (oltre +20% nel semestre) all’andamento eccellente dell’attività. Stimiamo che sfiorano i 600 miloni di euro, con una crescita del 35-40%. Dopo il forte calo del primo semestre 2013, anche in Francia il fatturato si riprende, intorno a +15%.
- I vini e Champagne sono cresciuti del 15% a 830 milioni. Non abbiamo la crescita organica, ma i volumi sono stati meno buoni che nell’altra divisione, +1.5% contro +3.5% per il totale. Il parametro di confronto era anche più difficile (vedere grafico sotto): nei due anni precedenti le vendite erano state soltanto in leggero calo rispetto al tracollo del Cognac.
- I margini invece continuano a scendere (nonostante l’impatto del cambio, andrebbe detto!). Nel caso dei vini/Champagne, l’utile operativo passa da 152 a 169 milioni di euro, +11%, con un margine che dal 21% passa al 20.4%. Nel caso del Cognac/Spirits, i 313 milioni di utile operativo, sono stabili ma il margine scende dal 32% al 28%. Si tratta del problema del mix di prodotto: vendevano ai cinesi supercognac con margini colossali che ora sono scomparsi…
- Il capitale investito della divisione vino cresce a 11.8 miliardi di euro, +20% rispetto a giugno 2014, il che determina una diluzione del ritorno sul capitale al 10%, il più basso da quando guardiamo questi numeri. Il che ci dice che se è vero che i numeri sono ok, è ancora più vero che c’è una ragione molto semplice: hanno investito molto e ora stanno macinando profitti. Lezione per coloro che pensano di raccogliere senza seminare.