bilancio 2018


Advini – risultati 2018

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I numeri di Advini 2018 continuano a non convincere sia chi vi scrive che gli investitori in generale: il prezzo delle azioni è sceso del 15% negli ultimi 12 mesi e da inizio 2018 all’incirca stabile, nonostante l’andamento positivo delle borse. Tornando ai numeri 2018, le vendite crescono del 4%, ma non si sarebbero mosse senza il contributo di un’acquisizione. Il margine operativo lordo cresce in modo significativo ma soltanto grazie alle plusvalenze derivanti da alcune cessioni. L’utile operativo e l’utile netto restano su livelli del tutto insoddisfacenti rispetto al capitale che negli anni è stato investito. In questo quadro non proprio incoraggiante si innesta l’ottimismo del management sia relativamente all’andamento del 2019 che sul piano 2020. Giustificato? Beh, gli obiettivi “numerici” del piano al 2020 sono scomparsi, immagino perché sempre più difficili da raggiungere. Detto questo, qualche segnale positivo c’è: mi riferisco alla forte progressione degli utili delle marche proprie, che ormai rappresentano l’84% del totale (per il 35% delle vendite) e che dovrebbero continuare a contribuire agli utili. A proposito, se passate dall’aeroporto di Charles de Gaulle di Parigi hanno aperto un negozio (non so esattamente in quale terminal…). Passiamo all’analisi dei dati.

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Italian Wine Brands – risultati 2018

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I rincari delle materie prime e la graduale uscita dalle attività del segmento delle televendite hanno continuato a pesare sui risultati di Italian Wine Brands anche nel secondo semestre del 2018, talchè l’anno si è concluso con una riduzione degli utili un po’ più accentuata della prima parte dell’anno. Riassumendo, le vendite sono rimaste stabili a 150 milioni di euro, con un calo del 10% della parte diretta al consumatore compensata dal +12% della parte all’ingrosso, i margini si sono contratti di quasi 1 punto percentuale rispetto al record del 2017 e quindi la parte reddituale, dall’EBITDA fino all’utile netto ha subito contrazioni nell’ordine del 10-11%. Grazie al contenimento del magazzino, IWB è riuscita quasi completamente a finanziare 4 milioni di investimenti e 4 milioni di ritorno per gli azionisti, parte attraverso dividendi e parte con acquisto di azioni proprie. Con un buon 75% dei costi degli acquisti rappresentati da vino sfuso, IWB ha subito l’impatto dei rialzi dei prezzi del 2018 dopo la vendemmia 2018. Operando in un settore molto competitivo quale quello dei fornitori della grande distribuzione, è molto difficile trasferire nei prezzi di vendita questi rincari. Il 2019 però potrebbe essere un anno di crescita. Le azioni del gruppo sono quotate a circa 11.6 euro, per un valore di mercato di 86 milioni di euro. Il prezzo dall’inizio dell’anno è praticamente stabile (contro una forte crescita della Borsa nel suo complesso), mentre nel corso degli ultimi 12 mesi ha perso circa il 16%. Passiamo all’analisi dei dati.

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Masi – risultati 2018

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Nel 2018 Masi è riuscita a riprendere un percorso di crescita delle vendite (+3.4% a cambi costanti) ma ha subito una ulteriore pressione sui margini, visibile soprattutto nei dati del secondo semestre. L’utile netto è stato “salvato” da circa 1.4 milioni di euro di sgravi fiscali, che hanno consentito di chiudere leggermente sopra il 2017, ma a livello operativo i costi promozionali sono presumibilmente di nuovo cresciuti, portando a una ulteriore diluizione dei margini. La quotazione in borsa è comunque stabile, circa il 15% al di sotto del prezzo a cui le azioni sono state introdotte qualche anno orsono; la scarsità degli scambi (dovuta all’esigua percentuale del capitale in mano ai risparmiatori, circa il 20% del totale) rappresenta un ostacolo per gli investitori istituzionali e, in qualche modo, una barriera a forti oscillazioni del prezzo. Gli investimenti proseguono con il nuovo visitor center che dovrebbe contribuire a partire dal 2022, mentre sui mercati internazionali la competizione resta forte. Un nuovo accordo distributivo annunciato dal gruppo in Russia potrebbe portare un contributo il prossimo anno, insieme a uno scenario cambi che sembra essere decisamente meglio del 2018 e all’ampliamento della capacità produttiva che dovrebbe consentire una maggiore integrazione verticale. Passiamo a una breve analisi dei dati.

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Constellation Brands – risultati 2018 e previsioni 2019

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I risultati annuali di Constellation Brands sono stati in linea con le attese del mercato e con le indicazioni del management (utile per azione di 9.28 dollari contro il “mid-point” di 9.25), ma l’attenzione è stata soprattutto sull’operazione di vendita a E&J Gallo di una parte molto significativa della divisione vino, pari a circa il 35% del totale (1.1 miliardi di dollari). Si tratta di quasi tutto il portafoglio di marchi sotto 11 dollari di prezzo al dettaglio, che non sono più considerati strategici dall’azienda. Il focus è sui marchi super-premium (incluso Ruffino), che dovrebbero rappresentare circa 1.8 miliardi di dollari di vendite. Il prezzo di vendita del portafoglio è 1.7 miliardi di dollari, quindi un multiplo di 1.55 volte il fatturato e 4.4 volte il margine di contribuzione (margine industriale meno costi di marketing). Con quello che resta del vino (meno di un terzo degli utili), Constellation Brands ha dei piani di marketing e di prodotto aggressivi: la nuova frontiera sono i vini affinati nelle botti del bourbon, che cercano di spostare il prodotto verso una categoria più assimilabile agli spiriti. La combinazione di costi di ristrutturazione, gli utili che vengono a mancare dai vini (a me sembra che l’affare l’ha fatto Gallo…) portano a un obiettivo di utili per il 2019 di 8.5-8.8 dollari per azione, dunque in calo rispetto al 2018. Ma le azioni hanno tenuto botta, pur restando ben sotto il massimo raggiunto lo scorso anno. Passiamo ai dati.

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Concha y Toro – risultati 2018

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I risultati 2018 di Concha y Toro non sono stati ben accolti dagli investitori. Le vendite e gli utili ristagnano (anche se qualche segnale positivo è emerso nel secondo semestre) nell’ambito di una strategia di riposizionamento del gruppo verso mercati, prodotti e marchi di fascia più alta, dove il mercato del vino sta registrando i tassi di crescita più elevati. Per Concha y Toro significa uscire da 82 marchi sui 304 gestiti, focalizzarsi su Casillero del Diablo (207 milioni di dollari di fatturato nel 2018) e su 4 altro marchi considerati critici: Como Sur (36 milioni di dollari), Trivento (27), Bonterra (40) e 1000 stories (15). Dal punto di vista dei mercati la strategia prevede di rafforzare le strutture distributive dirette, su tutti negli USA, ma anche nel Regno Unito, Canada, Svezia, Brasile, Messico, Giappone, Cina e naturalmente in Cile. Questi mercati sono il 77% delle vendite del gruppo. Terzo, un piano di taglio di costi generali da reinvestire in marketing. Il piano punta per il 2022 a 854 miliardi di peso di vendite (614 nel 2018) e 140 miliardi di utile operativo (60 nel 2018!) con un margine del 16.4%. Direi sfidante per usare un eufemismo. Ma ora focalizziamoci sui risultati finanziari, ricordandovi che il 2017 è riesposto per considerare l’effetto di IFRS15, che ha determinato la deduzione dalle vendite di alcune promozioni, prima considerate tra i costi. Quindi meno vendite, meno costi, stessi utili.

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