Remy Cointreau – risultati annuali 2009-10

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Se Boizel Chanoine aveva riportato buoni risultati, Remy Cointreau non ha fatto lo stesso nella sua divisione Champagne. Le vendite sono calate di oltre il 20% e i magri utili operativi si sono trasformati in perdita. La strategia dell’azienda di mantenere a tutti i costi il prezzo-mix senza assecondare le tendenze del mercato si e’ rivelata probabilmente errata. In secondo luogo, va detto che per RC la divisione Champagne e’ una parte del business totale sempre meno significativa, anche se non meno critica: dopo le perdite del 2009 e’ necessario fare qualcosa, altrimenti i risultati pessimi di questa divisione rischiano di mettere in cattiva luce il valore del resto dell’attivita’. Infatti, siamo alle porte di un processo di ristrutturazione, dopo che il management ha dovuto dedicarsi nel 2009 al rilancio della distribuzione diretta, dopo la chiusura della joint venture Maxium (che vedeva come partner italiano Gancia).



Le vendite sono calate del 23% dicevamo. A differenza di altre aziende, che hanno trovato nel mercato europeo un’ancora per non essere trascinate via, per Remy Cointreau sono stati i mercati esteri a limitare i danni. Le vendite in America sono calate solo del 7%, come quelle nel resto del mondo. Invece, in Europa, c’e’ stato un crollo del 29% che ha pesato in modo determinante, essendo le vendite in Europa il 70% del totale. Guardando a 4 anni (2005-09, trovate i dati nella tabella finale), e’ chiaro che l’unica area di crescita del gruppo siano stati i paesi emergenti, ex Europa ed America.

La strategia commerciale e’ stata diversa da altre aziende. In questo caso, i volumi sono calati ben del 26%, mentre il prezzo mix e’ migliorato del 3.7% (in realta’ completamente dovuto al mix, visto che i prezzi sono stati totalmente neutri). Sui 4 anni si possono fare le medesime considerazioni: il prezzo mix sale del 3% contro un calo dei volumi (che era gia’ evidente lo scorso anni). Qui potremmo forse (e’ una mia elucubrazione) rintracciare una peculiarita’ delle aziende che gestiscono attivita’ vinicole ma che hanno un’anima “spirits”: queste aziende tendono a proteggere i prezzi a tutti i costi, in una ottica nella quale un certo livello di prezzo e’ ottenuta puramente attraverso politiche di immagine e non bensi’ attraverso la qualita’ intrinseca del prodotto. Questo e’ tanto piu’ vero nel segmento dei superalcolici, o perlomeno di alcune di esse, dove il valore del marchio e il suo posizionamento sono molto piu’ importanti della bonta’ del contenuto della bottiglia.

I margini sono letteralmente crollati, con l’utile operativo in negativo per 4 milioni. Va detto che i numeri non erano eccellenti nemmeno gli scorsi anni, con un margine operativo intorno al 10-11%. Nel 2009 i numeri sono stati pero’ drammatici. Va detto che questo valore negativo e’ dovuto al maggior peso dei costi fissi e al calo dei volumi, quando l’azienda ha deciso di mantenere inalterato o quasi il livello degli investimenti pubblicitari (in relazione al fatturato).


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Fondatore e redattore de I numeri del vino. Analista finanziario.

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