I grandi vini italiani da collezione: chi sono e quanto valgono?

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Partendo dalla base di dati degli ultimi 13 anni della classifica dei primi cento marchi del vino nel mondo di Liv-ex, possiamo fare il punto della situazione su quali sono le etichette italiane più scambiate, in che posizione sono state in questa classifica nel tempo e come sono andati i prezzi.

Una doverosa premessa: questa classifica è stilata da Liv-Ex su una serie di parametri che includono l’andamento dei prezzi ma anche i volumi di scambio, quindi non è necessariamente vero che i vini di un produttore molto costoso o di un produttore i cui valori sono cresciuti di più sia in cima alla classifica. Contano anche i volumi, per intenderci. Iniziamo con l’analisi e cominciamo a orientarci.

Comincerei col dirvi che i marchi italiani praticamente sempre presenti in questa classifica sono sei. Di questi, soltanto uno è fuori dalla Toscana, Gaja, mentre gli altri cinque sono sostanzialmente i Supertuscan più famosi e dunque: Masseto, Ornellaia, Sassicaia, Tignanello e Solaia in ordine sparso. Ovviamente, tutto questo è frutto dell’impronta inglese e internazionale di Liv-Ex, che quando cominciò la sua attività era praticamente una piattaforma di scambio dei vini di Bordeaux. Nel primo anno che ho analizzato sul blog, nove dei dieci primi vini della classifica erano di Bordeaux. Negli ultimi anni le cose sono cambiate radicalmente, tanto che nel 2022 nessun vino di Bordeaux è nella top ten, occupata in questo caso soltanto da vini di Borgogna (sette) e Champagne (tre).

È quindi vero che se invece di guardare a chi c’è sempre stato negli ultimi tredici anni, restringiamo il periodo agli ultimi tre anni per esempio, dobbiamo aggiungere qualche nome a quelli citati sopra e… così come Bordeaux sta a Supertuscan, Borgogna sta a… Piemonte! Emergono quindi le etichette di Giacomo Conterno, Bartolo Mascarello e Bruno Giacosa, e nota un crescente apprezzamento per Comm. G.B. Burlotto e Giuseppe Rinaldi.

Basta parole e facciamo parlare i numeri. Ornellaia, Masseto e Sassicaia ci sono sempre stati in tredici anni di classifiche analizzate. Mediamente, Sassicaia è stato intorno al 20esimo vino nella classifica e il meglio rappresentato e classificato. Masseto si è mediamente classificato intorno al 40esimo e Ornellaia intorno al 50esimo. Gaja e Tignanello sono stati mediamente intorno al 40esimo e 60esimo posto e sono comparsi dodici volte su tredici, mentre Solaia è comparso 11 volte con una posizione media intorno al 65esimo posto nella classifica.

Concentrandoci su questi nomi possiamo fare un’analisi della performance durante il periodo. Dal grafico potete vedere gli eccellenti rendimenti composti su 13 anni di queste etichette. Dico eccellenti perché il 7% annuo nell’arco di 13 anni di Gaja corrisponde a investire 100 e ritrovarsi 241 dopo 13 anni, quindi fate attenzione a “leggere” i dati in modo corretto. Sono eccellenti anche per un altro motivo, nascosto in questa analisi: nel corso degli anni sono stati rari i segni meno davanti alla performance. Nel caso di Gaja soltanto due volte (e con un calo molto limitato, del 2-3%), addirittura mai un segno meno per Sassicaia.

Ad ogni modo, i rendimenti ci insegnano un paio di cose, soprattutto se consultate anche la tabella finale dei prezzi medi per bottiglia: non è detto che il vino più caro o più rinomato sia quello che ha la performance migliore. Come potete vedere, il rendimento migliore è di Tignanello, marchio eccellente di Antinori ovviamente meno rinomato e con un prezzo inferiore per esempio a Masseto o a Gaja. Tornando ai dati del grafico, il +11% di Tignanello e di Sassicaia significa moltiplicare per quattro in 13 anni. Poi abbiamo +9% per Masseto e, come dicevamo circa +7% per Gaja, Solaia e Ornellaia.

Possiamo poi analizzare prezzi medi delle ultime rilevazioni. Il marchio italiano con i prezzi scambiati più elevati è certamente Masseto, che ha segnato un valore per bottiglia di 644 euro nel 2022. Poi abbiamo Soldera intorno a 400 (rilevato nell’ultima apparizione nella classifica del 2019), Giacomo Conterno con circa 300 euro, Burlotto e Bartolo Mascarello intorno a 280, Giuseppe Rinaldi intorno a 240 e poi Gaja, Bruno Giacosa e Solaia a circa 200 euro. Questo ci dice anche che, un po’ come per la Borgogna e Bordeaux, la rarità e i volumi limitati spingono i prezzi in alto. Per esempio, le quantità disponibili dei prodotti di Bartolo Mascarello (prezzo medio 272 euro) è chiaramente inferiore a quella di Sassicaia (174 euro). Se date un’occhiata a Cellartracker vi accorgerete che gli utenti di questo eccezionale “social del vino” hanno dichiarato di possedere 16mila bottiglie di Sassicaia annata 2016 contro 2500 di Barolo annata 2016 di Bartolo Mascarello.

Bene, prima di congedarci, un ultimo punto. Questo allargamento dai Supertuscan al Piemonte che stiamo osservando negli ultimi anni ci conduce alla domanda: chi è il prossimo? La risposta è critica perché sarà proprio lì che bisognerà investire i soldi: nel prossimo emergente. In Francia, penso si sia al picco dell’ondata della Borgogna e sembrerebbe che possa essere lo Champagne il prossimo campione. Che sia una buona indicazione anche chi colleziona vini italiani per i prossimi anni? Si vedrà.

Io resto dell’avviso che le etichette italiane nel loro complesso, vista la qualità e lo sconto che mostrano rispetto ai vini francesi, abbiano un potenziale importante. E, comunque, rimango un pessimo investitore, visto che mi bevo tutto quello che ho in cantina… chissà che Liquinvex non mi converta…

 

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Fondatore e redattore de I numeri del vino. Analista finanziario.

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