Constellation Brands – risultati e acquisizione di Crown Imports

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Il destino di Constellation Brands è cambiato radicalmente negli ultimi giorni. Dopo anni passati a tagliare rami secchi e vendere attività non profittevoli, è venuto il momento di mettere i soldi sul tavolo per espandere l’attività. Per la verità, così come è successo per Ruffino, anche in questo caso l’operazione di acquisizione del 50% non posseduto di Crown imports è stata generata da un evento esterno, e cioè l’operazione di acquisizione di Grupo Modelo (azienda messicana che produce la birra Corona) da parte del colosso AB Imbev. Nell’ambito di tale operazione e presumibilmente per evitare eccessivi problemi di Antitrust in USA, Constellation Brands ha potuto acquistare il 50% della società di distribuzione della birra Corona (per 10 anni, rinnovabile) che ancora non possedeva. Il prezzo di 1.85 miliardi di dollari è incredibilmente interessante sia per la valutazione (oltre 200 milioni di dollari annui è la quota di utili “acquistata”, che significa meno di 10 volte gli utili ) che per il prezzo di uscita potenziale per AB Imbev, pari a 13 volte l’utile operativo, contro il multiplo di 8.6 volte pagato per questo 50%. Quindi, in conclusione, un’operazione eccezionale per il valore creato e per la qualità delle operazioni acquisite. Il prezzo delle azioni, come vedete dal grafico, è letteralmente esploso passando in un paio di giorni da 20 dollari alla chiusura di 27 dollari di venerdì sera.

 

A latere di questa operazione, CBrands ha però anche messo a segno una piccola (per così dire) operazione nel segmento vino. Ha investito 160 milioni di dollari per comperare il marchio leader nel segmento 10-12$ di Pinot Nero, chiamato Mark West. Le vendite sono state 600mila casse e la crescita annua è superiore al 30%, con vendite di circa 35 milioni di dollari e margini superiori a quelli attuali del gruppo.

L’anno è secondo il management è cominciato in linea con le attese comunicati tre mesi fa. La migrazione della distribuzione è continuata (un altro 10% è stato completato, raggiungendo la quota del 70%), ma le vendite sono scese in termini comparabili dell’1%. Inoltre, CB ha già anticipato che il secondo trimestre andrà peggio, a causa dell’incremento temporaneo delle spese di marketing, ma anche di una base di comparazione molto difficile che genererà una riduzione delle vendite superiore a quella osservata nel primo trimestre.

Passiamo a qualche numero: le vendite sono state stabili a 634 milioni di dollari, con un calo organico dell’1%. La differenza è stata giustificata dall’impatto di 7 milioni dell’acquisizione di Ruffino. I volumi spediti sono scesi dello 0.7% a 14.7 milioni di casse, con un incremento da 7.4 a 7.6 milioni di casse per quelle che CB considera i brand importanti. Il margine lordo è rimasto stabile poco sotto il 40%, mentre l’utile è sceso marginalmente per una combinazione di inferiori spese di marketing ma più elevate tasse. Il debito è salito da 3.0 miliardi a 3.3 miliardi di dollari perché l’azienda ha ricomprato circa 400 milioni di dollari in azioni proprie.

Cosa succede da ora in avanti? (1) il debito di CB risale, presumibilmente da 3 volte il MOL atteso a fine anno a circa 4.5x volte. L’obiettivo è di riportarlo sotto 4 volte entro la fine del 2013; (2) il piano di riacquisto delle azioni è sospeso; (3) l’azienda diventa di nuovo veramente “multiprodotto”. Cambierà il bilancio, con la birra che torna “sopra la linea”. Per darvi un’idea, oggi se dovessimo fare la proporzione dell’utile operativo di vino e birra, prescindendo da come viene rappresentata in bilancio, diremmo che Constellation Brands fa circa il 70% dei soldi nel vino e il 30% con la metà di Crown Imports. Da fine anno, quando l’operazione sarà conclusa, la proporzione sarà più vicina a un 50-55% nel vino e 45-50% nella birra. Quindi, per concludere, la birra torna a essere importante e se consideriamo che c’è anche un pezzo di vodka, possiamo senza dubbio concludere che Constellation Brands avrà una quota “di vino” inferiore al 50% sul totale del suo business. Possiamo ancora considerarlo un colosso focalizzato sul vino? Direi proprio di no.

 

 

 

 

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