Vini a basso contenuto di solfiti e scelte d’acquisto dei consumatori – working paper AAWE

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Oggi si cambia argomento, si parla di solfiti, e dato che i solfiti inducono il mal di testa, ho pensato di mettere meno numeri per non appesantirvi troppo. Il rapporto tra vini e solfiti è molto dibattuto e i risultati di questo studio condotto da Christopher Appleby, Marco Costanigro, Dawn Thilmany e Stephen Menke, pubblicato qui da AAWE lo analizzano dal punto di vista del consumatore, tramite un sondaggio su 233 consumatori americani. In breve, che cosa dice lo studio? (1) la scelta di un vino è determinata ancora prevalentemente dalla qualità e dal prezzo, e non dalla presenza o meno di solfiti; (2) i consumatori, a parità di tutto il resto, sono disposti a pagare un prezzo maggiore (meno di 1 dollaro…) per la scelta di non avere o avere meno solfiti; (3) coloro che accusano mal di testa sono molto più attenti alla questione (e qui, no news…); (4) importantissimo: i consumatori non sono disposti a cedere sulla qualità del prodotto in cambio dell’assenza di solfiti (e qui, a parere di chi scrive, cade l’asino).

La conclusione è che i vini senza solfiti possono essere una nicchia interessante, ma soltanto una nicchia, e che l’assenza di solfiti non è una condizione sufficiente per poter vendere un vino: la qualità del prodotto ha ancora un peso molto rilevante.

Vediamo qualche risultato numerico, senza appesantirvi troppo:

  • Il 64% di quelli che hanno normalmente mal di testa sostengono che i solfiti determinano mal di testa. Il 57% dice che viene provocato dalla disidratazione. Stranamente, però, gli americani sembrano associare di più il mal di testa al vino rosso rispetto al vino bianco (11% contro 3%).
  • Questi consumatori sono disposti a pagare 64cents per un vino senza solfiti, a parità di qualità, mentre pagano 1.22 dollari in più per un vino organico rispetto a uno non organico.
  • Giusto per fare un confronto, il differenziale di prezzo calcolato sul punteggio dei vini nelle guide indica un maggior prezzo di 2.84 dollari per 4 punti di punteggio in più. Un’altra indicazione che suggerirebbe come la qualità è più “pagata”.
  • Ci sono altre correlazioni interessanti. Una dice che i consumatori con un reddito elevato e con acquisti di vino più significativo sono meno influenzati dalla questione dei solfiti.

E invece voi produttori, che percezione avete di questa “tendenza” del mercato del vino?

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Fondatore e redattore de I numeri del vino. Analista finanziario.

3 Commenti su “Vini a basso contenuto di solfiti e scelte d’acquisto dei consumatori – working paper AAWE”

  • Gianpaolo

    tempo fa feci una ricerca su internet sui solfiti, scegliendo articoli o citazioni di articoli autorevoli (peer reviewed, da fonti ufficiali, ecc.). Da questo breve riassunto (che potete trovare qui http://www.poggioargentiera.com/2009/11/la-questione-dei-solfiti-nel-vino/) , risulto’ come il mal di testa non e’ uno dei sintomi associabili al consumo si solfiti, mentre lo sono per es i tannini (per questo i vini rossi sono piu’ richiamati per il mal di testa ” RWH, red wine headache syndrome).

  • Andrea

    Quei 2,84 dollari pagati in più per un vino che ha 4 punti in più su una guida non significa per forza che sia un vino qualitativamente migliore di altri, ma che il giudizio di una guida influenza il prezzo di un vino (sic!)

  • Paolo Carlo

    La riduzione d’impiego di conservanti di sintesi quali ad esempio i solfiti ha senso e valore se derivata da una migliore pratica agronomica ed enologica tesa ad innalzare la qualità (o meglio aumentare le qualità) di uva, mosto e vino.
    E’ noto infatti che l’impiego di additivi primo fra tutti il metabisolfito, aumenta in frequenza e quantità tanto è minore la qualità del prodotto.
    Ne consegue che il buon senso generale di consumatori e produttori dovrebbe tendere a far preferire agli uni di spendere di più per avere maggiore qualità e agli altri di perseguire maggiore qualità facendosene riconoscere meriti e costi sostenuti.
    Ciao
    Paolo

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