dati UVIBRA


Brasile – importazioni di vino 2013

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Tra i quattro BRIC, il Brasile è quello dove si beve un po’ di vino ma dove alla fine di numeri interessanti non se ne vedono mai. Certo meglio dell’India ma niente a che vedere con Russia e Cina. Questi dati relativi alle importazioni di vino nel 2013 non fanno che perorare ulteriormente questa sensazione, con l’aggiunta quest’anno di un paio di altri elementi: in primo luogo, l’economia del paese non gira più come qualche anno fa certamente anche come risultato del calo dei  prezzi delle materie prime di cui il Brasile è esportatore; in secondo luogo, i dati che guardiamo oggi ci segnalano che se è vero che il consumo di vino è leggermente calato (parliamo del 2-3%), tale calo è ben più marcato per i vini importati (-9% in volume, compresi gli spumanti) che non per i vini locali (+13%, dopo due anni stabili). Per quanto riguarda il nostro paese, ci classifichiamo quinti come esportatori in Brasile, una posizione “normale”, essendo preceduti da Cile e Argentina per la loro prossimità, dalla Francia per le esportazioni di Champagne e dal Portogallo, in questo caso per questioni di comunanza della lingua e di passato coloniale. Guardiamo brevemente i dati.

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Brazile – importazioni di vino 2012

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L’anno scorso avevamo introdotto il discorso sul Brasile: grande mercato, forte presenza italiana anche nel segmento delle bevande (Campari), per non parlare di pneumatici e automobili, ma poca propensione al consumo di vino e problemi a portare “di là” il vino che deve forzatamente essere prodotto e imbottigliato nel luogo d’origine (almeno quello di qualità, che a noi interessa). Con il 2012 e i dati che vengono prodotti da UVIBRA, aggiungiamo un capitolo alla storia: non solo il Brazile non è probabilmente fatto per il vino, ma non è probabilmente fatto per il vino italiano, visto che nel 2012 siamo il peggior esportatore tra i grandi in termini di crescita (cioè siamo scesi). L’unica consolazione è che siamo stati superati al quarto posto dal Portogallo, che almeno condivide la loro lingua, e che il calo del 12% in dollari è in realtà inferiore alla svalutazione del cambio del 15%, indicando quindi che “in valuta local” l’import di vini italiani non è calato.

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