La produzione di vino nel Lazio continua a calare. Quando guardo a questi numeri penso subito a Stefano e Marco che hanno dedicato un po’ di spazio al problema del vino laziale sul blog. I numeri sono brutti anche nel 2010, ancorche’ va avvertito il lettore che il 75% della produzione cosi’ come la leggete e’ un dato stimato. Stima o non stima, qui la produzione continua a calare (ma non le superfici vitate, curiosamente), e soprattutto calano le due cose chiave: (1) c’e’ sempre meno vino di qualita’ e sempre piu’ vino da tavola; (2) si sta in qualche modo perdendo la tradizione dato che i vini bianchi stanno perdendo molto volume e sui vini bianchi il Lazio aveva costruito la sua tradizione vinicola.
Lazio
Il vino laziale, un patrimonio da salvare. Di Stefano Castriota e Marco Delmastro
1 commentoE’ per me un onore ospitare sul blog questo contributo di Stefano e Marco. Per due volte nel corso di questi anni queste pagine hanno ospitato un commento dei loro studi sulla reputazione che hanno avuto come oggetto il mondo del vino (gennaio e dicembre 2009). Buona lettura e, soprattutto, buon dibattito. Marco Baccaglio
di Stefano Castriota e Marco Delmastro.
Da anni ormai le più prestigiose guide nazionali ed internazionali bocciano sonoramente la qualità dei vini del Lazio. L’Espresso parla di “ritardo ormai cronico” mentre il Gambero Rosso descrive la situazione come di “Allegro, non troppo”. Nemmeno a livello internazionale le cose vanno meglio. La reputazione all’estero delle denominazioni laziali (DOC e DOCG) è ben al di sotto della media nazionale: il Lazio si ritrova dietro non solo a corazzate enologiche come Piemonte e Toscana, ma deve anche recuperare posizioni rispetto a regioni di più recente affermazione come Puglia, Sardegna, Marche e Basilicata. La figura riporta la reputazione media e massima raggiunta dalle denominazioni delle regioni italiane: il Lazio registra valori tra i piú bassi in assoluto. Questa regione, inoltre, non può sfruttare altri fenomeni di traino commerciale quali la presenza di vitigni o prodotti locali riconosciuti a livello internazionale come sono, ad esempio, il Nero d’Avola ed il Marsala in Sicilia.
Nonostante ció il Lazio è una zona con una lunga tradizione vinicola che risale addirittura a prima dell’avvento degli antichi Romani. Nel Cinquecento gli ettari coltivati a vite erano circa il doppio di quelli attuali, essendo il vino non solo e non tanto una bevanda per accompagnare i pasti o trascorrere del tempo in compagnia quanto piuttosto un vero e proprio alimento ricco di calorie e principi nutritivi. Oggi i cambiamenti nelle abitudini di consumo di vino degli Italiani, con una diminuzione del consumo pro capite ed uno spostamento verso i prodotti di qualità, stanno radicalmente modificando la morfologia dell’enologia nazionale e, quindi, anche di quella laziale. A ciò si aggiunga la crescente pressione concorrenziale da parte dei produttori del cosiddetto nuovo mondo (Australia, Cile, Nuova Zelanda, Sud Africa e Stati Uniti) che stanno conquistando considerevoli quote a livello mondiale.
Le aziende italiane si trovano dunque a dover affrontare la concorrenza dei nuovi produttori sui mercati internazionali e contemporaneamente il progressivo e costante declino dei consumi domestici. In questo scenario il Lazio si trova in una situazione decisamente peggiore rispetto al resto dell’Italia. Con i suoi quasi due milioni di ettolitri è l’ottava regione italiana per quantità prodotta; tuttavia, nonostante la quota di vini DOC (25 denominazioni) e DOCG (la neo-promossa “Cesanese del Piglio”) sul totale della produzione italiana sia superiore alla media nazionale (49% contro 35%), la reputazione di queste denominazioni, come visto, di certo non brilla. Ciò si traduce inevitabilmente in bassi introiti per i produttori regionali e, di conseguenza, in inadeguati investimenti in qualità degli stessi con una spirale viziosa anziché virtuosa.
Più che le costose strategie di marketing che hanno caratterizzato le passate politiche regionali di sviluppo, la rinascita del vino laziale deve passare per la qualità dal momento che, soprattutto per questo tipo di bevanda, l’affermazione di un marchio dipende non tanto dalla pubblicità quanto piuttosto dagli investimenti in qualità. A loro volta, le scelte produttive delle aziende sono influenzate largamente dalle strategie regolamentari adottate da consorzi ed istituzioni.
È quindi urgente un innalzamento degli standard minimi di qualità stabiliti nei disciplinari delle denominazioni regionali (DOC e DOCG). Allo stato attuale non v’è dubbio che i disciplinari laziali siano carenti e non spingano i produttori sul sentiero della qualità. Il confronto riportato nella tabella è inequivocabile, il Lazio ha fissato standard di qualità inferiori da tutti i punti di vista: scelta dei vitigni, produttività delle vigne, titolo alcoolometrico, invecchiamento del vino, presenza di tipologie più selettive e prestigiose (sia per quanto riguarda gli standard in vigna che per quelli in cantina).
Da ció deriva che le scelte di qualità sono lasciate ai singoli che, considerate le limitate dimensioni di partenza e la bassa reputazione del prodotto regionale, incontrano grandi difficoltà ad affermarsi e pochi incentivi ad investire.
Colmare il divario con il resto del paese richiede uno sforzo economico non indifferente nel breve periodo ma può tradursi nel tempo in considerevoli e strutturali guadagni in termini di qualità, reputazione e reddito. Nell’agricoltura di qualità (e non solo) si raccoglie tra dieci anni ciò che si semina oggi. Nel Lazio, purtroppo, si è scelta finora la strategia delle scorciatoie tentando di ottenere risultati con l’affermazione di un ipotetico brand regionale, senza operare al contempo sulla leva degli standard di qualità, con il rischio di conseguire risultati esattamente opposti a quelli sperati. Per raggiungere miglioramenti significativi a livello regionale è necessario uno sforzo simultaneo e coordinato da parte di imprese, consorzi e soggetti istituzionali. Oggi, però, a parte qualche isolato risultato, si ode, dopo un periodo di pailette e lustrini, un assordante silenzio. Basterebbe, forse, semplicemente rimboccarsi le maniche e lavorare per innalzare la qualità dei prodotti regionali.
Lazio – produzione vini DOC/DOCG – aggiornamento 2008
nessun commentoLa produzione di vini DOC nel Lazio nel 2008 e’ stata secondo Federdoc di 538mila ettolitri. Sembra un numero piuttosto attendibile, visto che mancano soltanto un paio di DOC molto piccole. Devo pero’ avvertirvi che sono stato “costretto” a rettificare i dati 2007 di due DOC (Marino e Colli Albani) per i quali la produzione e’ stata soltanto inspiegabilmente di un decimo rispetto a quella media degli altri anni. Il dubbio che il numero “manchi di uno zero prima della virgola” e’ piuttosto significativo: possibile che Marino produca 83mila ettolitri nel 2006, poi 7810 nel 2007 e 71mila nel 2008? Propendo per considerare il 7810 un 78100. Excel talvolta tradisce con le virgole e i punti, soprattutto quando si confondono i decimali con i separatori delle migliaia. Concludo la disanima sulla autorevolezza dei dati mettendovi a disposizione il dato ISTAT sulla produzione DOC/DOCG del Lazio 2008: 903mila ettolitri, rispetto ai 538mila che derivano dalla somma dei dati Federdoc. Ora, i contribuenti italiani pagano entrambi questi istituti con le loro tasse. E’ CERTO che uno di questi due dati e’ sbagliato. Che ce ne facciamo?
Lazio – produzione di vino – aggiornamento 2009
nessun commentoConsiderazioni chiave – produzione vino 2009 Lazio:
– Come per altre regione si verifica la problematica delle superfici vitate, che non sono coerenti con la serie fino al 2008. Sono spuntati 3600 ettari che portano il totale a 26793 rispetto a 23123 ettari del 2008. Ho come la sensazione che spuntino nuovi ettari con la possibilita’ di ottenere dei rimborsi per l’espianto, anche se va detto che molti di questi dati sono classificati da ISTAT con “s”, cioe’ stimati e non “r”, rilevati.
– La produzione di vino, su cui ci concentriamo, cala in modo costante da anni nel Lazio. Ha raggiunto la soglia degli 1.5m/hl nel 2009 (-15% sul 2008) da un livello di 2.4m/hl del 2005 e, volendo andare piu’ indietro, 3.7m/hl nel 2009. E’ il caso piu’ eclatante a livello italiano di calo della produzione di vino.
– Roma, Frosinone e, in misura limitata, Rieti, sono le province dove questo calo si sta verificando, mentre sia Viterbo che Latina mostrano trend sempre calanti ma a tassi di gran lunga inferiori.
– Nel 2009 e’ calata molto la produzione di vini DOC, e in parte di IGT, a vantaggio dei vini da tavola, che sono cresciuti del 6% a fronte di un -15% della produzione totale.
– I vini bianchi, la vera anima della regione, sono il cuore del calo, con un -18% nel 2009 e un -11% annuo dal 2005, mentre i vini rossi, che sono il 20% della produzione, sono rimasti stabili e calati dal 2005 del 6% annuo.
Lazio – produzione vini DOC/DOCG – aggiornamento Federdoc 2007
3 commenti
Il Lazio e’ un buon produttore di vini DOC… ma ha veramente troppe DOC. Lo noterete dalla lunghezza delle tabelle che sto postando e dalla torta dalla quale ho tolto (in modo certosino…) tutti i nomi delle piccole DOC per farvi rendere conto della frammentazione del panorama laziale. Come fare per finanziare la promozione di cosi’ tanti “brand” diversi? Impossibile. Ma i problemi non finiscono qui. Le DOC laziali hanno una resa per ettaro media di 112 quintali, probabilmente troppo per poterlo chiamare vino di qualita’. Di piu’ le prime tre DOC, cioe’ quelle grandi e se volete “potenti”, viaggiano tute a 120 quintali per ettaro o oltre.