societa’ quotate


Italian Wine Brands – EnoItalia – dati chiave 2020

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Dopo anni di relativo (e pericoloso) immobilismo, stanno succedendo diverse cose nel settore del vino. Sono probabilmente il frutto di una serie di eventi che si sono concentrati tutti insieme: l’abbondanza di capitali che ha fatto aumentare il valore delle attività economiche, riducendone il ritorno sul capitale e quindi rendendo il settore del vino interessante; il ricambio generazionale di alcune aziende vinicole che si sono sviluppate con il successo del nostro vino nel mondo; la difficoltà di aggredire mercati nuovi e meno “ovvii” in quanto meno compatibili con la nostra cultura e il nostro cibo. Abbiamo dunque visto Antinori comperare Jermann, Zonin aprire il capitale al private equity di Alessandro Benetton (acquistandone il 36% con un aumento di capitale di 65 milioni nel 2018), Clessidra e Italmobiliare (famiglia Pesenti, ex proprietari di Italcementi) acquistare la maggioranza di Botter e subito dopo inglobare Mondodelvino per farne un’azienda da 350 milioni di euro di fatturato. Senza dimenticare la vendita di Farnese vini per 170 milioni di euro al private equity americano Platimum a un multiplo di 10 volte l’EBITDA, occorsa nel 2020. E, l’ultima di cui parliamo oggi, è l’acquisizione da parte di Italian Wine Brands di Enoitalia (con parziale reinvestimento nella società risultate da parte degli azionisti) che crea un polo da 400 milioni di fatturato, quindi candidandosi come il più importante player italiano privato del settore sotto questo aspetto (non come valore aggiunto come ben sa chi legge questo blog). Passiamo dunque a una breve analisi di questa entità che essendo quotata in borsa riusciremo a seguire da vicino in futuro e a posizionare anche questa nuova entità (oltre a Botter-Mondodelvino) nell’ipotetica classifica italiana delle aziende per fatturato e valore aggiunto.

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Baron de Ley – risultati 2020

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Il bilancio 2020 di Baron de Ley è molto meno peggio di quello che ci si poteva immaginare, per due motivi: 1) il calo pesante delle vendite registrato in Spagna e nei paesi dell’EU derivante dalla forte esposizione al canale della ristorazione è stato parzialmente compensato da spedizioni straordinari nei paesi extra-EU dove il prodotto è più esposto alla distribuzione al dettaglio; 2) nonostante il COVID, l’azienda ha mantenuto ottimi margini e anche grazie al taglio degli investimenti e all’ottimizzazione del capitale circolante ha aumentato dotazione di cassa da 171 a 190 milioni di euro. Proseguendo sull’onda dei numeri, abbiamo un fatturato di 96 milioni, in calo del 4% e un utile netto di 21 milioni, in calo del 25% sul 2019. In entrambi i casi il confronto era particolarmente difficile. Passiamo a commentare i numeri.

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Naked Wines – risultati 2020/21

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Il modello di business di Naked Wines ha naturalmente trovato un habitat ideale nella crisi COVID, totalmente orientato all’ecommerce e anche con un prodotto forse più adatto al consumo a casa: non i brand “mainstream” ma prodotti interessanti di aziende vinicole nuove e spesso piccole. Quello che vi aspettate di vedere, e cioè una crescita tumultuosa delle vendite (68% per la precisione), c’è. Quello che forse non vi sareste aspettati è che nonostante questo balzo delle vendite… Naked Wines ancora non fa soldi… genera cassa principalmente con il capitale circolante ma ancora, a livello di profitti e perdite… siamo in perdita. Sarà pure il frutto delle perdite sui nuovi clienti, per i quali si incontra un “costo di acquisizione” già al netto del margine sulle vendite di 50 milioni di sterline, che sui 308mila nuovi clienti significa che ci hanno speso 163 sterline a testa… non poco. Comunque, è anche vero che il margine sui clienti esistenti è quasi raddoppiato e quindi se è vero che questi clienti restano a lungo connessi a Naked Wines significa che prima o poi dovranno fare i soldi. Come sempre bilancio splendidamente presentato, l’azienda in borsa ora vale 507 milioni di sterline, il che significa un multiplo di poco più di una volta il fatturato, una volta contata la cassa. Neanche tanto se i profitti veramente arriveranno… passiamo ai dati.

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Duckhorn – presentazione e risultati 2020

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Oggi parliamo di Duckhorn, un’azienda della Napa Valley che produce vini di qualità (elevata) e che ha deciso di quotarsi in borsa. L’operazione ha avuto luogo alla fine di Marzo a un prezzo di 15 dollari per azione e ha raccolto 300 milioni di dollari. Pronti via, il primo prezzo è stato del 20% più elevato ed ora l’azione veleggia intorno a 17 dollari. Il valore di borsa dell’azienda è di 2 miliardi di dollari: stiamo parlando di un insieme di cantine che hanno fatturato nel 2020 271 milioni di dollari, con un EBITDA rettificato di 105 milioni e un utile netto di 32 milioni. Prima dell’operazione aveva un indebitamento finanziario di circa 380 milioni di dollari, 3.6 volte l’EBITDA. Bene, in questo post guarderemo brevemente ai numeri a come generano il fatturato (oltre il 20% viene dalla vendita diretta, da vedere che cosa è successo con il COVID) e di come si posizionano nel mercato. Di qui in avanti entra nel novero delle aziende che seguiamo con il blog perchè questa azienda e i suoi multipli di mercato (oggi oltre 7 volte le vendite del 2020!) oggi rappresenta un punto di riferimento per le aziende che fanno alta qualità nel mondo del vino. E per alta qualità dobbiamo intenderci: si sta parlando di circa 20 dollari per bottiglia al dettaglio nella distribuzione. Quindi, applica a molti ma di certo non a tutti…

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Advini – risultati 2020

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Fonte: Advini

Dunque, Advini ha chiuso il 2020 con risultati piuttosto deludenti, a mio parere. Però la presentazione di questi risultati parla di una gestione operativa efficace, un perimetro di attività che si è difeso bene e ovviamente di un rafforzamento della liquidità. Evidentemente questo rafforzamento deriva dall’aver fatto altro debito e quindi, più cassa ma più debito. Per intenderci, le vendite calano del 7% e l’utile netto passa da +4 milioni a -3 milioni. Advini è un’azienda in una “via di mezzo” tra i vincitori nello scenario COVID, cioè quelli esposti alle vendite al supermercato e dirette ai clienti a distanza (leggi internet), e i perdenti, quindi aziende che vendono vini con destinazione ristoranti e in genere di alto livello. I nuovi obiettivi 2023 sono di arrivare a 300 milioni di vendite, quindi +20% rispetto al 2020, 9% di EBITDA, quindi 27 milioni contro l’attuale 17 milioni e una generazione di cassa di 10 milioni di euro all’anno. Nel corso degli oltre 10 anni in cui abbiamo seguito le vicende di Advini abbiamo visto numerosi piani ambizioni susseguirsi, nessuno dei quali sinora ha raggiunto i risultati sperati. Passiamo ai numeri.

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