
Il secondo semestre di Advini è andato come, se non peggio, del primo e quindi le conclusioni che si potrebbero trarre dal post di oggi sono sovrapponibili a quelle dello scorso novembre relativamente ai dati del primo semestre. Ci sono progressi, naturalmente: le vendite dei prodotti “propri” rispetto a quelli distribuiti di terzi cresce al 34% del totale e in percentuale del 24% e le acquisizioni continuano con l’operazione su Stellenbosch Vineyards in Sud Africa (10 milioni di vendite e un margine EBITDA tra il 12% e il 15%), che va a completare il posizionamento del gruppo nel paese. A ciò comincia però ad aggiungersi qualche dismissione, perché la situazione finanziaria sta diventando preoccupante, con 168 milioni di debito a fronte di 15 milioni di MOL… per cui si sono stati venduti vigneti e cantine per 6-7 milioni di euro. Ricapitolando il piano al 2020: vendite di 500 milioni di euro, e siamo lontanissimi a 250; proporzione marche proprie al 50% sul totale, e qui ci si potrebbe arrivare, siamo al 34% nel 2017 e il fatturato cresce velocemente in seguito alle acquisizioni; ultimo, un margine MOL del 10% rispetto al 6% attuale, che non da segni di migliorare nonostante il miglioramento evidente del mix di fatturato (da marchi di terzi a marchi propri, da grande distribuzione a clientela tradizionale e HoReCa, oltre a vendita diretta). Mah, i dubbi aumentano. In borsa, sul titolo, calma piatta… veleggia a 35 euro per azione da ormai un anno a questa parte. Per ora andiamo a studiare qualche dato sul 2017.

- Le vendite nell’anno salgono del 4% a 250 milioni di euro, e si compongono di un fatturato praticamente fermo in Francia e di un incremento da 88 a 97 milioni di euro all’estero, +10%, che l’azienda non specifica in termini di quanto derivi da acquisizioni e quanto da crescita organica. Le altre informazioni di cui disponiamo è che 87 milioni di euro di vendite, +24% vengono da marchi propri, quindi il 34% del fatturato (loro dicono 35% ma a me 87 diviso 250 fa 34%…).
- I margini scendono rispetto allo scorso anno, quando però il gruppo ha goduto di 5 milioni di euro di proventi straordinari a livello di MOL. Ad ogni buon conto, anche togliendo i 5 milioni dal 2016 il margine sarebbe sceso dal 6.2% al 5.9% del 2017, con un andamento in valore assoluto perfettamente stabile. Sotto, a differenza degli anni passati, crescono gli ammortamenti perché il perimetro dell’attività cresce e quindi l’utile operativo scende sotto quota 5 milioni, mentre grazie a 1 milione di crediti fiscali l’azienda chiude con 4.3 milioni di euro di utile netto.
- La parte finanziaria come dicevamo peggiora. Il debito sale da 150 a 168 milioni di euro. La generazione di cassa dell’attività è stata quasi nulla nel 2017, a causa di un assorbimento di capitale circolante di 9 milioni (magazzino principalmente). Quindi i 18 milioni di crescita del debito derivano da 1 milione di dividendi, 14 milioni di investimenti e 3 milioni di acquisizioni, per dare un’idea di massima. Confrontato con un MOL di 15 milioni, siamo a un rapporto di oltre 10x, molto elevato anche se bisogna sempre considerare che l’azienda ha 125 milioni di euro di attività tangibili (di cui una sessantina in terreni) a “proteggere” i creditori.
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