
Come già visto per Lanson BCC, anche Vranken Pommery non ha avuto una buona annata nel 2012. Le vendite sono calate del 4%, magazzino e debito sono cresciuti e gli azionisti sono rimasti quasi a bocca asciutta, con un utile sceso del 24%, il terzo caso consecutivo e molto pesante. In altre parole, l’azienda fa circa un terzo dell’utile prima della crisi con un fatturato del 10% superiore. Manca ancora all’appello Laurent Perrier, ma possiamo già dire che il leader LVMH ha allargato il divario contro i produttori medi nel 2012. Nel caso di Vranken poi dobbiamo anche riportare un aumento di capitale di 42 milioni per finanziare una piccola acquisizione (Champagne Bissinger), l’apertura delle proprie filiali in diversi paesi e l’integrazione a monte nella produzione di uve in alcuni segmenti critici. Insomma, l’azienda si sta strutturando, formalmente con l’obiettivo di generare sinergie e migliorare i margini: vedremo nel futuro se vengono i risultati. Il piano prevede una riduzione dei volumi di vendita a favore della qualità, un taglio del magazzino di oltre il 10% e un taglio di 60 milioni di euro dell’indebitamento. Per ora commentiamo i numeri bruttarelli del 2012…

- Le vendite calano del 4%, come dicono loro a causa del calo delle vendite francesi (-8% a 198 milioni) e di un incremento del 2.4% dell’estero. I volumi sono in calo del 6.4% a perimetro costante sullo scorso anno.
- L’utile operativo corrente scende da 37 a 34 milioni di euro, quindi con una diluizione del margine dall’11% al 10.5%. i margini del 17-18% del passato sono ormai lontani. Il calo ulteriore di profittabilità deriva essenzialmente dall’incremento dei costi del personale, e in misura molto marginale da un minore valore aggiunto.
- Alla fine dei conti l’utile netto cala da 9 a 7 milioni di euro, che saranno tutti distribuiti, dato che l’azienda ha deciso di mantenere il dividendo stabile rispetto allo scorso anno.
- Dal punto di vista finanziario, il debito esplode a 635 milioni di euro, un incremento di 87 milioni rispetto al 2011. Di questo 60 milioni sono dovuti all’acquisizione (al netto dell’aumento di capitale), con la parte rimanente a saldo tra dividendi, generazione di cassa e una variazione negativa di circa 30 milioni del capitale circolante netto.
- In rapporto al patrimonio, il debito sale soltanto leggermente da 1.78 a 1.81, grazie all’aumento di capitale, mentre in rapporto al MOL siamo ormai a un multiplo stratosferico di 14 volte, che l’azienda aveva toccato soltanto a valle della crisi del 2009.
- Non resta che focalizzarsi sul futuro, con un piano a 3 anni, che prevede: (1) di ridurre i volumi di esportazione a favore della qualità e dei margini su tali vendite (solo all’estero però, non in Francia dove l’azienda è leader nella grande distribuzione). Obiettivo dichiarato non superare i 20 milioni di bottiglie all’anno; (2) adattare le scorte ai volumi di vendita previsti (quindi una riduzione delle scorte di oltre il 10% per i prossimi anni); (3) la vendita di attività non più strategiche, come Domaine Listel, per 20 milioni di euro. Obiettivo finale: ridurre l’indebitamento di 60 milioni di euro entro tre anni.


