Il bilancio di Santa Margherita e’ il primo tra le societa’ non quotate che analizziamo. La tesi che abbiamo espresso qualche settimana fa guardando ai dati di Mediobanca si e’ rivelata corretta: nel 2009 a soffrire di piu’ e’ stato il fatturato (-8%, tutto il calo e’ venuto all’estero), mentre i margini hanno sostanzialmente tenuto. Santa Margherita a livello di valore aggiunto e’ tornata al livello eccezionale del 2007 (oltre il 37%) e a livello di Margine operativo lordo e’ stato stabile al 25% se escludiamo l’incremento degli accantonamenti alle perdite su crediti. La seconda considerazione che esce da questi numeri e’ che gli spumanti sono andati molto meglio degli altri vini: sia Ca’ del Bosco che Kettmeier hanno mostrato un incremento delle vendite del 6-7% contro il -8% del resto del gruppo; non solo, i loro margini sono ulteriormente migliorati. Terza considerazione: il debito cresce: Santa Margherita continua a investire circa 7-8 milioni all’anno (contro ammortamenti di meno di 5), paga dividendi per oltre 10 milioni tra i suoi azionisti e le minoranze e, nel 2009 ha visto il suo capitale circolante aumentare di 3 milioni nonostante il calo delle vendite. Con una generazione di cassa di circa 14 milioni, il debito passa da 33 a 40 milioni. Quarta e ultima considerazione: Santa Margherita non dice nulla sulla evoluzione prevedibile della gestione, ma le vendite dei primi due mesi non recuperano (pur essendo stagionalmente irrilevanti). Comunque, anche quest’anno tutti i 9 milioni di utili saranno distribuiti agli azionisti, segno che non sono tanto preoccupati.
Passiamo ai numeri, anche se non mi dilunghero’ con le cifre, che trovate nella tabella. Le vendite scendono dell’8%, con un -0.4% in Italia e un -13% all’estero. Come gia’ detto gli spumanti crescono, Santa Margherita soffre (-12%), Lamole crolla (-39%).

Il costo delle materie prime e dei servizi scende dal 64% al 62.5% del fatturato, consentendo quindi un miglioramento del valore aggiunto, che viene poi mangiato dall’aumento dei costi del personale (+7% a EUR9.5 milioni) e degli stanziamenti rettificativi (generalmente perdite presunte su crediti). Santa Margherita ha continuato a investire e quindi gli ammortamenti salgono da 4.4 a 4.7 milioni di euro (+6%). L’utile operativo scende quindi a EUR15m, -16%. Con oneri finanziari in forte calo (crollo dei tassi di interesse nonostante il maggior debito) e tasse simili allo scorso anno, l’utile netto scende del 14% a 9.5 milioni.

Il capitale investito di Santa Margherita cresce da 89 a 96 milioni, per meta’ a causa del capitale circolante, per l’altra parte degli investimenti. Siccome tutti gli utili sono distribuiti, l’aumento si ribatte tutto sul debito, che raggiunge il 70% del patrimonio netto e un valore di 2 volte il MOL. Siamo sempre nella zona delle aziende solide (soprattutto con 53 milioni di attivo fisso), ma certamente Santa Margherita non e’ piu quella di 4 anni fa (1.1 volte debito/MOL).
La conseguenza del calo degli utili e dell’incremento del capitale investito e’ una riduzione del ritorno sul capitale dal 20% al 16%, che resta comunque soddisfacente. Per gli azionisti si tratta di un ritorno ancora superiore al 20% dopo le tasse.

Resta una ultima considerazione relativamente al confronto con il campione Mediobanca, dove Santa Margherita sembra per il primo anno sottoperformare rispetto al campione. Infatti, secondo i dati preliminari di Mediobanca, le aziende italiane avrebbero subito un calo delle vendite del 3.2%, rispetto al -8% registrato da Santa Margherita. Peraltro, spostando il confronto sugli ultimi 5 anni, Santa Margherita avrebbe comunque maturato un fatturato dell’8% superiore a quella della somma delle maggiori aziende vinicole italiane.