Grazie a Francesco, il quale sta lavorando a un rapporto sul mondo del vino per il suo MBA, posso pubblicare qualche dato selezionato da uno studio di Harvard, che a sua volta sfrutta una ricerca del 1999 di Morgan Stanley. In questo studio c’e’ una tabella nella quale viene sostanzialmente evidenziato il cosiddetto prezzo sorgente, con riferimento a una bottiglia che vende al dettaglio a $12, prodotta in USA da Beringer (il famoso marchio di proprieta’, per ora, di Foster’s). Dunque, vi anticipo la conclusione: il prezzo sorgente di questa bottiglia campione e’ $6 cioe’ la meta’ del suo prezzo finale (che immagino non includa la tassazione indiretta tipo l’IVA). Il guadagno del produttore su questa bottiglia e’ di $0.47 (mezzo dollaro). Vediamo quindi come si arriva a questi numeri…
Thanks to Francesco, who is working on a report on the wine business for his MBA, I publish some data selected by a Harvard study, which in turn uses a search in 1999 of Morgan Stanley. In this study there is a table which shows the producer price, referring to a bottle that sells at a retail price of $12, produced in the U.S. by Beringer (the famous brand owned, for the time being, by Foster’s). Conclusion: the producer revenue of a $12 retail bottle is $6, half of its final price (which I imagine it does not include indirect taxes such VAT). The gain of producer on this bottle is $0.47 (half a dollar).
Partiamo con i costi di produzione. Secondo lo studio la bottiglia da $12 al dettaglio “contiene” $1.45 di materie prime (uva, bottiglia, barrique) e un costo di produzione (cantina, forza lavoro e via dicendo) di $1.47. Totale $2.92, circa un quarto del prezzo finale della bottiglia. Lo studio di Harvard ci aiuta dicendo che il costo dell’uva e’ circa il 50-70% del costo totale delle materie prime. Ci dice anche che la produzione di vino e’ a forte intensita’ di capitale, per via del capitale circolante e del costo della terra (e del suo sviluppo), anche se circa il 70-85% dei produttori americani non investono direttamente della terra (al contrario della tradizione europea).
We start with the cost of production. According to the study the $12 bottle “contains” $ 1.45 for raw materials (grapes, bottles, barrels) and a cost of production (winery, the workforce and so on) for $ 1.47. Total $ 2.92, about one fourth of the final price of the bottle. The Harvard study helps us saying that the cost of grapes is approximately 50-70% of the total cost of raw materials. It also says that the production of wine is a highly capital intensity business, because of working capital and the cost of land (and development), although about 70-85% of American producers do not invest directly in the vineyards (unlike the European ones).
Dopo i costi di produzione vengono i costi di commercializzazione e marketing, che portano il costo totale per bottiglia a $4.60. Siccome la bottiglia viene venduta a $6 da Beringer, troviamo che l’utile operativo dovrebbe essere di circa il 23% (un livello molto elevato, che pero’ alcuni produttori italiani riescono a raggiungere), a ulteriore dimostrazione del forte contenuto di capitale dell’attivita’. Dopo interessi e tasse, secondo lo studio l’utile di Beringer su questa bottiglia e’ di $0.47, cioe’ l’8% del ricavo e circa il 4% del prezzo finale della bottiglia.
After the costs of production there are the costs of marketing and G&A, the total cost per bottle for the winery is $4.60. Since the bottle is sold at $6, we find that operating profit would be about 23% (a very high level, which only a few Italian producers can achieve), a further demonstration of the strong capital required from the business. After interest and taxes, according to the study, Beringer profit on this bottle is $0.47, 8% of revenues and approximately 4% of the final price of the bottle.

E qui arriviamo ai costi di distribuzione. Il distributore “aggiunge” $1.08 e il dettagliante $4.92, portando quindi il prezzo di vendita a $12. Chiaramente questo e’ il ricavo dei due intermediari e non considera i loro costi operativi. Questo calcolo aiuta pero’ a farci rendere conto di quanto e’ il peso della catena distributiva, in un mercato anche relativamente efficiente da questo punto di vista come il mercato americano: $6 su un prezzo finale per il consumatore di $12. Se passiamo dal mercato americano a quello italiano probabilmente troveremmo dei rapporti tra il prezzo al dettaglio e il prezzo sorgente ben superiori a 2…
Costs of distribution. The distributor “adds” $1.08 and another $4.92 is the revenue of the retailer, thus the selling price reaches $12. Clearly, these are the proceeds of the two intermediaries and this does not consider their operating costs. This calculation helps however to give us and idea of what is the weight of the distribution chain, even in a relatively efficient market as the American one: $6 of the final price to consumers of $ 12. If we move from the American market to the Italian one, relations between the retail price and producer price would jump well above the level of 2…
Terminiamo con una torta finale per riassumere come si compone il prezzo sorgente di una bottiglia di vino Beringer nel 1999: circa la meta’ e’ il costo di produzione “puro”, l’altra meta’ sono i costi di distribuzione, le tasse e gli interessi sui finanziamenti (presumo teorici). We finish with a final pie on the producer costs of a bottle of Beringer wine in 1999: about half of production costs are “pure”, the other half are distribution costs, taxes and interest on financing (theoretical assumption).
Molto interessante. Mi domando perche’ l’Italia e’ il secondo paese produttore di vino al mondo e questi studo sono sempre relativi ad altri paesi, USA in testa, e mai sulla nostra realta’.
Ancora un volta, che cavolo studiano nelle decine di facolta’ italiane che si occupano di questo settore? Mai che uscisse fuori qualcosa che possa finalmente essere utile alla filiera.
Io mi dichiaro disponibile se qualcuno decidesse di fare uno studio simile sul mercato italiano.
Non so, forse perchè si è soliti considerare il mercato statunitense come quello di riferimento.
E comunque concordo sul fatto che sarebbe molto interessante vedere l’aumento di prezzo di una bottiglia di vino italiano e confrontarlo con l’aumento che subisce negli altri Paesi.
Da questo studio risulterebbe che il dettagliante applica un ricarico del 70% scarso. A me risulta che negli USA il ricarico standard di un wine shop è del 50% in mark up.
I ricarichi delle enoteche vanno dal 30 al 50% con una media intorno al 38%. Trovo gratuito concludere l’articolo con “Se passiamo dal mercato americano a quello italiano probabilmente troveremmo dei rapporti tra il prezzo al dettaglio e il prezzo sorgente ben superiori a 2…”
Cordiali saluti.
Francesco Bonfio
Scustae era saltata una parola
Da questo studio risulterebbe che il dettagliante applica un ricarico del 70% scarso. A me risulta che negli USA il ricarico standard di un wine shop è del 50% in mark up.
I ricarichi delle enoteche italiane vanno dal 30 al 50% con una media intorno al 38%. Trovo gratuito concludere l’articolo con “Se passiamo dal mercato americano a quello italiano probabilmente troveremmo dei rapporti tra il prezzo al dettaglio e il prezzo sorgente ben superiori a 2…”
Cordiali saluti.
Francesco Bonfio
Ciao Francesco,
il mio commento e’ male interpretato. Quello che considero io e’ che il mercato americano e’ molto efficiente dal punto di vista distributivo. Quindi se questo e’ vero e se e’ vero che quello italiano lo e’ molto di meno, concludo che il prezzo sorgente deve “piu’ che raddoppiare” rispetto al semplice raddoppio del mercato USA.
Per essere piu’ preciso, perche’ te lo devo, io mi riferisco non tanto al markup del dettagliante, quanto a quello della distribuzione. In altre parole, io non trovo per nulla scandaloso il ricarico delle enoteche italiane (anzi, ti diro’ che lo trovo quasi risicato se considero’ il loro livello di fatturato), forse anche inferiore a quello americano, a guardare questi numeri. Sono molto piu’ scettico sul ricarico della distribuzione: se in USA aggiunge $1 ai $6 del prezzo sorgente, sono molto propenso a pensare che questo $1 in Italia diventa almeno un $2-2.5, viste le pratiche commerciali dei distributori italiani sui vini di qualita’.
Quindi, per riassumere, io ho messo insieme tutta la distribuzione, ma in realta’ il mio commento fa riferimento piu’ alla distribuzione all’ingrosso, che a quella al dettaglio. Difatti, non ti faccio mistero che uno dei sogni nel cassetto sia quello di promuovere un po’ di consolidamento nel segmento della distribuzione all’ingrosso. Chissa’…
Relativamente al ricarico americano, lo trovo anche io elevato, ma cosi’ e’ riportato nello studio e l’ho lasciato com’e’…
ciao!
bacca
Ciao bacca.
Va chiarito che il distributore (wholesaler) nel mercato USA è praticamente una figura obbligatoria. Cosa che non è qui in Italia. Pertanto si potrà anche dire che il sistema distributivo statunitense sarà anche efficiente ma il risultato è che dal prezzo sorgente al prezzo in scaffale (IVA esclusa) il rapporto va a 1,38 in media, quindi molto al di sotto del tuo ipotizzato ben superiore a 2.
Se prendiamo in esame invece quei vini che sono commercializzati non direttaemnte dal produttore ma attraverso un distributore, locale o nazionale che sia, il rapporto fra prezzo sorgente e prezzo in scaffale sarà intorno al 2:1. Come dicevi tu. Ma la percentuale di prodotto che viene commercializzato attraverso un distributore in Italia è veramente bassa.
Ciao
Francesco
@Gianpaolo, il motivo per cui in Italia non si riescono a fare certi studi è perchè quando parli di soldi non riesci mai a far dire alla gente la verità. I dati che ti forniscono sono sempre o in difetto (molto spesso) o in eccesso, sia per quanto riguarda la parte distributiva che quella produttiva.
parlando della struttura distributiva del vino, e sopratutto della vendita del vino diretta da parte delle aziende oppure attraverso un distributore, nel corso degli anni mi sono fatto un idea diversa e nient’affatto in linea con la scuola di pensiero piu’ frequente, esemplificata qui anche da Bonfio, che vede come sistema migliore e piu’ vantaggioso per la filiera quello della vendita diretta azienda-dettagliante.
E’ vero che in questo caso il prezzo sorgente e’ aumentato in media del 38%, mentre se l’azienda vende con un distributore c’e’ un passagio ulteriore che puo’ aumentare il ricarico fino a due volte. Ma questo e’ vero solo se il prezzo sorgente rimane uguale. Faccio un esempio reale, usando cifre vere, tanto per uscire dall’ipocrisia. Io vendo il mio prodotto principale, il Morellino, a 5,50 + IVA al dettagliante, enoteca o ristorante. Il vino va allo scaffale, ci dice Bonfio, a 5,50 + 38% + IVA = 9,10 euro. Nel caso io lo venda ad un distributore io devo pensare che il mio vino non esca fuori mercato, e quindi devo operare uno sconto distribuzione intorno al 30%. Il distributore cosi’ paga il vino 5.50 – 30% . Su questo vino viene rifatto un ricarico che riporta il prezzo ancora a 5.50, per cui il vino che viene venduto all’enoteca ritorna ai soliti 9,10.
Non e’ cambiato nulla per il consumatore. Chi ci ha rimesso? Apparentemente io, e di un bel 30%. Sono pazzo? Credo di no. Il mio prezzo sorgente di 5,50 in realta’ non e’ affatto il mio guadagno. Dentro questo prezzo io devo calcolare le seguenti spese:
– Provvigione 15% per l’agente, che con Enasarco e il resto si avvicina ad un 17%.
-Spese di trasporto che ormai su piccole quantita’ si aggirano sul 5%
-eventuale scontistica che viene fatta per permettere al dettagliante di acquistare un numero di bottiglie sufficente per l’invio diretto, e siamo ad un 9%.
-spese di amministrazione (tante piccole fatture invece di poche grandi)
-spese di incasso, ritardato pagamento e rischio di insoluto, purtroppo molto frequente oggi.
Se mettiamo tutti questi margini insieme si vede come ci si avvicina, ed in qualche caso si supera quella fatidica soglia del 30% che ci separa dalla vendita diretta a quella tramite distributore.
In realta’ io credo che una distribuzione fatta bene, efficente, grande abbastanza da poter fornire servizi di qualita’ a prezzi convenienti, sarebbe un bene sia per i dettaglianti, che non sarebbero costretti a fare magazzino per acquistare direttamente dalle aziende produttrici, sia per le aziende stesse che non dovrebbero stare dietro a migliaia di piccole fatture di difficile esigibilita’ e costi di gestione alti.
Non metto altra carne al fuoco, ma questi sono fatti che dovrebbero far riflettere.
Non era mia intenzione affermare il primato della vendita diretta produttore-rivenditore rispetto all’intervento di un distributore. Una maggiore efficienza del sistema distributivo dovrebbe portare ad un costo più basso per il consumatore ed invece ciò non accade. Semplicemente quindi non condivido l’affermazione secondo la quale la presenza del distributore porta ad un prezzo inferiore per il consumatore. E i conteggi di Giampaolo Pansa lo confermano.
Coglierei invece l’occasione di questo post per tentare di aprire una seria riflessione sulla filiera e se tutti gli attori e le componenti di spesa che vi partecipano rendano un servizio che giustifichi il loro pezzettino di costo.
Per esempio, un risparmio sul vetro, no? Un taglio su spese di promozione (io butto via almeno dieci chili di lussuosissimi depliant al mese)che non hanno più senso (se mai l’hanno avuto)e così via… ma anche, per esempio, di rivedere la figura dell’agente di commercio, della sua necessità, di come si giustifica la sua presenza ed il suo costo (la bottiglia di Morellino senza il rappresentante costerebbe esattamente 4,50 e non 5,50). Al fine di prevenire equivoci non sto dicendo che va abolito il rappresentante, ma, più complessamente, che se i tempi odierni impongono di eliminare tutte quelle spese che non sono giustificate in tutto o in parte, questo è il momento giusto per farlo.
Buon sabato a tutti.
Francesco Bonfio
Scusate molto e scusi Paglia per l’errore nel suo cognome.
Non era mia intenzione affermare il primato della vendita diretta produttore-rivenditore rispetto all’intervento di un distributore. Una maggiore efficienza del sistema distributivo dovrebbe portare ad un costo più basso per il consumatore ed invece ciò non accade. Semplicemente quindi non condivido l’affermazione secondo la quale la presenza del distributore porta ad un prezzo inferiore per il consumatore. E i conteggi di Giampaolo Paglia lo confermano.
Coglierei invece l’occasione di questo post per tentare di aprire una seria riflessione sulla filiera e se tutti gli attori e le componenti di spesa che vi partecipano rendano un servizio che giustifichi il loro pezzettino di costo.
Per esempio, un risparmio sul vetro, no? Un taglio su spese di promozione (io butto via almeno dieci chili di lussuosissimi depliant al mese)che non hanno più senso (se mai l’hanno avuto)e così via… ma anche, per esempio, di rivedere la figura dell’agente di commercio, della sua necessità, di come si giustifica la sua presenza ed il suo costo (la bottiglia di Morellino senza il rappresentante costerebbe esattamente 4,50 e non 5,50). Al fine di prevenire equivoci non sto dicendo che va abolito il rappresentante, ma, più complessamente, che se i tempi odierni impongono di eliminare tutte quelle spese che non sono giustificate in tutto o in parte, questo è il momento giusto per farlo.
Buon sabato a tutti.
Francesco Bonfio
Caro Francesco,
la mia sensazione e’ che un rafforzamento della distribuzione all’ingrosso del vino (cioe’ la graduale concentrazione nelle mani di una serie di operatori a livello nazionale) porterebbe a una sostanziale riduzione dello “sconto” del 30% che il produttore tipo deve oggi riservare al distributore. E questo porterebbe a un costo minore per il consumatore. Trovo piuttosto singolare che un distributore all’ingrosso, che dovrebbe muovere volumi signifcativi. Sa qual’e’ il ricarico del maggiore distributore di materiale IT in Italia? Il 7%. Ed e’ considerato un margine molto alto, dovrebbe essere il 5%. Che un distributore di vino in italia applichi un ricarico del 30% o piu’ e’ secondo me perlomeno singolare, per usare un eufemismo.
Buona domenica!
bacca
Purtroppo il rappresentante non puo’ essere eliminato fino a che le vendite dirette azienda-dettagliante esisteranno nelle forme attuali. E purtroppo il costo del 15% di intermediazione, che e’ assurdamente elevato in confronto con altri settori, sta proprio a dimostrare l’inefficenza elevata del nostro settore. Perche’ il rappresentante ha bisogno del 15%? Pensiamo innanzitutto che la meta’ del tempo il rappresentante di vino la passa a riscuotere, o cercare di riscuotere le fatture scadute (spesso da molti mesi, altra anomalia). La fattura media di ogni azienda e’ normalmente piccola, nel mio caso sono 700 euro, ma perche’ mi fanno media anche i clienti esteri, altrimenti sarebbe sicuramente intorno ai 400 euro. Per cui i costi fissi per portare a casa 60 euro di provvigione sono alti.
Insomma, e’ tutto assurdamente inefficente, e i costi alla fine sono per forza di cose scaricati sul cliente finale, non c’e’ nulla da fare.
Il vino dovrebbe essere venduto dai distributori, con personale monomandatario altamente professionalizzato. I pagamenti dovrebbeo essere regolari e a non piu’ di 60 gg (come avviene nel resto del mondo) cosi’ da non rendere necessario inserire ricarichi di tipo finanziario. I dettaglianti dovrebbero avere la massima scelta, senza doversi caricare i magazzini con centinaia di bottiglie dello stesso tipo e il servizio migliore (anche solo un ordine di una bottiglia di vino recapitata il giorno dopo, come avviene a new york). Le aziende dovrebbero investire risorse non tanto in vendita ma in promozione dei loro prodotti, e quindi in realta’ i costi non scompaiono passando dalla figura del rappresentante a quella del commerciale, ma si realizza una efficenza della filiera molto maggiore di quella attuale che cosi’ com’e’, ripeto, e’ assurda.
@ Giampaolo Paglia.
Quindi la maggiore efficienza del sistema distributivo non porterebbe ad un prezzo di scaffale più basso ma ad aumentare i margini dei coloro che compongono la filiera?
Se gran parte del problema sta nei tempi di pagamento lunghissimi e nella appropriazione del 50% del lavoro del rappresentante perchè le aziende non prevedono una modalità di pagamento anticipato con un congruo sconto (oggi non tutte le aziende annoverano questa forma di pagamento e se lo fanno lo sconto è del 3,4 max 5% il che evidentemente è troppo basso per invogliare l’acquirente e tentare di eliminare questa distorsione che non c’è da nessuna altra parte del mondo occidentale).
Francesco Bonfio
Purtoppo caro Gianpaolo il tuo ragionamento sui ricarichi lo fanno in pochi produttori, anzi la maggior parte vende il vino allo stesso prezzo al ristoratore\enoteca e al privato che va in azienda! Io personalmente in enoteca ho un ricarico del 35\40% allo scaffale e del 25\30% alla vendita ai ristoranti (non faccio pizzerie o altro per scelte commerciali).
saluti
andrea
@bonfio. Esattamente il contrario. Un efficenza del sistema distributivo si traduce in un bisogno di margini operativi piu’ basso perche’ piu’ efficente, ma non ad un taglio delle figure coinvolte nella filiera. Semmai una trasformazione in figure piu’ efficenti e professionali, magari anche qualificate con standard riconosciuti dall’industria del vino, invece che le figure attuali spesso improvvisate e poco professionalizzate.
Non la seguo sullo sconto pagamento anticipato. Io faccio il 5%, come quasi tutti quelli che conosco, ed e’ uno sconto altissimo se si pensa che dovrebbe servire ad essere pagato 60 / 90 giorni prima della scadenza. Il 5% e’ poco per 90 giorni di interesse? Non scherziamo. In realta’ le scadenze vengono ridicolizzate dai clienti e quindi la realta’ e’ che i soldi vengono anticipati dalle aziende per molti mesi, con costi altissimi. Se la soluzione fosse quella, e bastasse aumentare di qualche punto lo sconto, la farebbero quasi tutte le aziende. Il punto e’ invece che molte attivita’ non hanno nessun incentivo a pagare anticipato per il semplice motivo che non possono. Perche’ non possono? A mio avviso per due motivi principali: il primo e’ che proprio per l’attuale inefficenza del servizio distributivo sono costrette a fare magazzino oltre il necessario, secondo perche’ la gestione di molte realta’ al dettaglio non ha nessun conrtrollo dei costi di gestione, dei flussi di cassa, ecc; quando arrivano a pagare il vino preferiscono cambiare fornitore piuttosto che pagare alla scadenza dovuta, cosa che certamente non possono fare con altre tipologie di fornitura o stipendi dei dipendenti.
Ma lei che e’ il presidente di un associazione di enotecari, queste cose le conosce oppure sono cose che le risultano venire da Marte?
Caro gianpaolo, mi spiace leggere nel tuo ultimo intervento un attacco alla persona del presidente vinarius.
Non sono qui a fare l’avvocato difensore, ma conoscendo bene francesco (persona pacata, di modi garbati e di profonda conoscenza del mercato del vino anche estero) mi risulta difficile che non conosca le notizie che tu ritieni venire da Marte.
Solo penso abbiate 2 punti di vista diversi e leciti dello stesso problema, tu da produttore e Francesco da enotecario.
Forse (e lo spero) un confronto tra le due realtà della filiera del vino, cioè per semplificare chi lo produce e chi lo vende, gioverebbe al futuro di questo prodotto. Io nella mia filosofia di vita credo che il confronto, lo scambio di opinioni anche opposte porti sempre a una maturazione e a crescere sia umanamente che professionalmente.
E mai come in questo momento c’è bidogno di crescere professionalmente e di non arrabattarsi.
Un caloroso saluto
Andrea
Signor Paglia, non occorre che si alteri.
Sull’efficienza del sistema distributivo mi pareva che fosse il suo esempio (fatto su un suo vino) che portava alla conclusione che sistema tradizionale o sistema con distributore concludesse allo stesso prezzo in scaffale. Ma ho capito male. Allora Lei auspica un sistema distributivo che con degli operatori che in Italia ancora non ci sono.
Pagamento anticipato. E’ chiaro che il semplice conteggio di un 5% di sconto (equivalente al 29% di interessi su base annua)è altissimo. Ma non farei questo conto o almeno non solo questo. Io ci metterei anche l’enorme risparmio dei costi di riscossione sono elevatissimi (l’ha detto lei).
In effetti una soluzione ci potrebbe essere ed è già stata messa in atto da una famosa cantina piemontese. Smettere di servire i clienti che non pagano regolare. Credo che stia funzionando.
Cordiali saluti,
Francesco Bonfio
Da distributore intervengo su alcuni punti:
-il fatto che in Italia non ci sia una legge che disciplini il pagamento delle fatture è grave.
-Il modo di vendere è vecchio, la filiera è lunga ed è la stessa di 20 anni fa.
Che senso ha, sig. Bonfio, pagare un rappresentante che passi da lei a raccontarle il vino o per incassare un assegno? L’aggiornamento lo deve avere tramite il produttore, il pagamento si fa on-line.
-Gli agenti Enasarco ed i consulenti finanziari sono le sole due categorie in Italia che possono detrarre l’IVA dai carburanti, chi trasporta alimenti deperibili o farmaci d’urgenza non può farlo. Curioso no?
-Le legge Bersani è rimasta quella di dieci anni fa e non ha subito gli aggiornamenti che qualunque legge dopo dieci anni necessita.
-Paghiamo alle Camere di commercio fior di quattrini a fronte di nessun servizio corrisposto, così come alle migliaia di associazioni di categoria, enti inutili che spesso sopravvivono solo a sè stessi.
-I veri distributori stanno scomparendo e sul mercato non si affacciano nuovi attori, è anche vero che siamo in una fase di crisi ed è difficile investire, ma negli ultimi tempi si è visto solo un gran turn-over di gente improvvisata. A fronte di 5 centri d’acquisto della GDO il resto del mercato è polverizzato e tutti fanno tutto. Non ci si lamenti quando il produttore vende le bottiglie a chi lo va a trovare, se Andrea vende anche all’ingrosso al ristoratore e non solo al dettaglio. Allora la stessa bottiglia che costa 1,50 alla sorgente la troviamo a 3 nella GDO, a 6 al dettaglio ed a 8 al ristoratore. Per non parlare dei birrai che vendono anche il vino e la gazosa, regalando vassoi ed ombrelloni. Nessuno in questa filiera disastrosa aggiunge al vino dei servizi o dei contenuti, ma sposta solo della merce e basta.
-Siamo ancora a discutere sugli scontrini e sulle casse collegate in rete o sugli studi di settore perchè, nella realtà , l’evasione dell’IVA nel commercio è troppo alta. E’ necessaria invece una normativa seria ed efficace, che questo governo non è in grado di fare e soprattutto dei controlli rigorosi.
@Paolo.
Guardi che la legge c’è, ed è il recepimento di una direttiva comunitaria, tant’è che alcune aziende specificano in fattura che i termini di pagaemnto sono x giorni in deroga alla legge xyz.
Ho accennato già io in un intervento precedente che sarebbe il momento giusto per approfondire alcune storture della filiera, tipo la presenza dei rappresentanti. Quindi con me sfonda una porta aperta. Mi pareva che Paglia non fosse d’accordo e sostenesse l’ineluttabilità degli agenti di commercio.
Cordialità,
Francesco Bonfio
Caro sig. Bonfio, la legge c’è, ma nessuno la rispetta altrimenti non avrei sette cause in tribunale…
Io penso, riguardo le storture della filiera, che prima si debba fare un aggiornamento serio della Bersani che comprenda anche quelle clausole che Bersani stesso scrisse, ma che non vennero votate. Poi gli attori si siederanno ad un tavolo con i ministri competenti e discuteranno come e cosa fare. L’alternativa, ma non del tutto decisiva, potrebbe essere la crisi stessa del mercato che obbligherà a tagliare i rami secchi, ma ci credo poco perchè sono troppe le rendite di posizione nel nostro paese e certi privilegi, senza le leggi, non scompaiono. E comunque non ce la faremo con questi politici di mezza tacca.
Una nota a piè pagina ..
giusto per allungare la filiera oggi mi sono venuti a trovare due agenti\rappresentanti di vari prodotti vino e alimentari, discutendo discutendo scopro che sono agenti di aziende che già ho inserito da anni e con cui lavoro… e inoltre sono agenti\venditori per conto di un’azienda per cui settimana scorsa un altro agente mi si è presentato….
Mi è nato un sospetto e ho deciso di approfondire… e scopro che “si ma lui è agente ma noi siamo diretti…” che .azzo di spiegazione è??
Per non parlare di alcune spiegazioni chieste su alcuni prodotti, “scusi e un recoldant o un negoziant manipulant” chiedo approposito di uno champagne che tanto mi decantava,… “non saprei dovrei chiedere, mmmhh vediamo se è scritto sulla scheda..” ,
approposito di un vino dolce delle marche mi azzardo a chiedere se fosse di uva moscato o di qualche altra varietà.. “mmmh si forse è verdicchio da appassimento con malvasia che in zona è coltivata” ok dico, poi gira la pagina e legge “vitigni moscato”!!! ma allora che cavolo sei in giro a fare?? almeno leggi le schede prima di andare a presentare un prodotto come strepitoso, una vera bontà!
lo ripeto CI VUOLE PROFESSIONALITA’! dobbiamo iniziare a dire queste cose in giro, chi non sa faccia altro! o si aggiorni, si giri le cantine e prenda appunti da chi il vino lo fa, non dai direttori vendite, che vendono il vino come i pannolini o la nutella!
Andrea
@Andrea, non e’ mia intenzione attaccare nessuno, ci mancherebbe. Stiamo solo mettendo dei punti di vista a confronto.
@Bonfio. Non so dove vede l’alterazione della quale sarei preda, ma certo e’ che come presidente dell’associazione vinarius mi aspetterei una presa di posizione piu’ diretta contro quello che si sta rivelando un vero cancro del sistema, i pagamenti. Lei invece mi viene a dire che sono le aziende che dovrebbero aumentare uno socnto per pagamento anticipato passando dal 5% ad un non meglio specificato ammontare, salvo poi ammettere che si tratta gia’ di uno sconto altissimo, se la ragione per la quale lo si fa e’ la valuta. Pero’ lei lo giustifica con il risparmio degli alti costi di riscossione. Ma scusi, a questo punto mi sento preso in giro, quali costi di riscossione ci sono se il cliente fa un bonifico, paga una riba, oppure invia un assegno? I costi sono dovuti esclusivamente al fatto che in Italia e’ possibile non pagare e farla franca facilmente, nonostante esista una legge, anche se nei fatti si dimostra inapplicabile. Ed e’ per questo che i rappresentanti o agenti di commercio (che siano i nostri o quelli dei distributori poco cambia) devono visitare lo stesso cliente di norma almeno due o tre volte prima di vedersi pagare merce acquistata mesi prima.
I clienti che non pagano si deve smettere di servirli, questo e’ perfino ovvio, ma se si servissero solo quelli che pagano regolarmente allora si dovrebbe lavorare con il 30% dei clienti, e sono largo.
E’ chiaro per me che se non si sana questa situazione non c’e’ spazio per nessuna modernizzazione dei servizi o riduzione dei costi. Io sarei disposto a consegnare anche cento euro di vino, persino con corriere espresso, lavorando con margini risicati. Ma che succede se quei 100 euro per recuperarli devo fare 4 telefonate, tre lettere, manadare l’agente, ecc.? Inutile.
Guardi ora io sono in Inghilterra, e parlando con un mio distributore sentivo che si indignava per pagamenti a 60 giorni. Insomma, bisogna metterci in testa che oggi e’ impensabile continuare come abbiamo fatto finora, e credo che un associazione come la vostra si potrebbe fare promotrice di un patto con le aziende, dove a fronte di servizi migliori, di condizioni creditizie agevolate, di tutto quello che vogliamo metterci dentro, dall’altra parte ci sia l’impegno a rispettare le condizioni contrattuali, questo una fattura e’: un contratto, e fare pagamenti sui quali si possa contare. E’ proprio l’incertezza di non sapere quando si riscuotera’ il venduto ad essere un problema grande.
Se ne vuole parlare apertamente con me trova una porta aperta.
Lei afferma che i ritardi di pagamento sono il cancro del sistema attuale. Io penso che ce ne siano anche altri ma analizziamo per ora questo dei pagamenti. Intanto sgombriamo il campo da un equivoco: il cliente deve rispettare i termini di pagamento. Se è stabilito di pagare a 60 giorni o si paga o non si riceve più la merce. Ma se è stabilito di pagare a 180 giorni per volontà concorde dei contraenti, questo è perfettamente legittimo e attiene alla libera contrattazione. L’importante ovviamente è che siano rispettati i termini. O si lamenta del fatto che ci siano aziende che propongono termini a 180/210/240 giorni?
Davvero, io penso che non esista altra soluzione, per come è sclerotizzato questo sistema, di abbandonare le forniture ai clienti che non pagano puntuali. Lei dice che si perderebbero due terzi dei clienti? Può essere, ma alla lunga i clienti “cattivi” non si perdono ugualmente, quando, a causa della incapacità gestionale, chiuderanno? L’ha detto lei che i clienti “non possono” pagare per due motivi. E allora smetteranno. Io penso che in Italia ci sia posto per una enoteca ogni mezzo milione di utenti, non di più. Se le stime sono attendibili ci sono in Italia oggi dalle 300 alle 400 enoteche (che possano definirsi tali), quindi dovranno (dovremo) chiudere in parecchi. Resteranno quelle altamente professionali, quelle che si aggiornano, quelle che sanno comprare e sanno vendere, quelle che pagano regolarmente, ecc.
Ora punto per punto rispondo volentieri al suo intervento.
“…Lei invece mi viene a dire che sono le aziende che dovrebbero aumentare uno socnto per pagamento anticipato passando dal 5% ad un non meglio specificato ammontare, salvo poi ammettere che si tratta gia’ di uno sconto altissimo, se la ragione per la quale lo si fa e’ la valuta…”
Penso solo che uno sconto superiore (diciamo ad oggi il 7/8%)che possa essere un incentivo a preferire l’anticipato.
“…Ma quali costi di riscossione?…” Esattamente quelli che ha citato lei qualche riga sotto.
“…I clienti che non pagano si deve smettere di servirli, questo e’ perfino ovvio, ma se si servissero solo quelli che pagano regolarmente allora si dovrebbe lavorare con il 30% dei clienti, e sono largo…” Credo proprio che sia così!
Certo che all’estero ci sono altre leggi, altra etica e soprattutto c’è certezza del diritto.
In alcuni stati degli USA la legge prescrive che a chi non paga nei termini nessuno possa vendere a credito fino a che non sana la posizione. Nello stato di Washington la legge impone il pagamento alla consegna. Dall’altra parte la stessa legge impone al distributore l’obbligo di consegna anche di una sola bottiglia. Ma vogliamo aprire un discorso sulle differenze fra l’ordinamento commerciale italiano e quello degli altri paesi occidentali?
Sull’associazione, voglio chiarire che la Vinarius non è un gruppo d’acquisto e non è mai entrata negli aspetti commerciali della gestione delle enoteche associate. Posso certamente però dirle che del suo suggerimento discuteremo alla prossima occasione.
Cordiali saluti,
Francesco Bonfio
Il discorso si fa interessante.
Facciamo una ipotesi di quello che potrebbe succedere in un paese civile e moderno:
-un associazione di enoteche fa un accordo con uno o piu’ istituti di credito per finanziare il magazzino tramite quegli strumenti tipici di queste operazioni (comfidi, ecc.). La confcommercio ha molti canali aperti in questo senso.
-Tramite questo accordo, io fornitore vengo pagato alla scadenza prestabilita, diciamo 60 giorni, mentre il cliente si vede dilazionato il pagamento di ulteriori 90 giorni, arrivando a 150 giorni totali (5 mesi). La differenza potra’ costare si e no 2 punti percentuali per gli interessi.
– Il produttore che aderisce alla convenzione si impegna a dimezzare il porto franco, portandolo per es. a 200 euro o meno. Questo vuol dire dimezzare il magazzino per un enoteca o un ristorante, e non e’ poco. Magari si puo’ mettere anche che chi invece vuol prendere una quantita’ maggiore equivalente al porto franco odierno, riceve uno sconto del 3%. E quindi l’operazione avviene a costo zero per il cliente.
– Inoltre il produttore si impegna magari a mantenere inalterati i listini per uno, due o tre anni, per chi aderisce all’accordo. E poi si impegna a fare delle degustazioni guidate per i clienti, mettendoci anche i vini. Le cose da mettere nel paniere sono molte, avanti coi suggerimenti.
Questo a me sembrerebbe un modo moderno e trasparente per impostare le relazioni commerciali (che gia’ dovrebbero essere regolate dalla legge), invece di, mi scusi ma lo trovo fuori dal mondo, “dammi il 7-8% di sconto per il pagamento anticipato se non vuoi che la tua fattura venga pagata a babbo morto”. Se ci si pensa bene questo e’ quello che significa, altrimenti non si vede perche mai io dovrei rinunciare ad una parte cosi’ rilevante del mio profitto per anticipare l’incasso di una manciata di giorni, quando se vado in banca e chiedo i soldi per lo stesso periodo mi costa una frazione di questo. Ma non e’ di quello che stiamo parlando, non e’ vero? La differenza sta tra l’incassare oggi o tra 270 giorni (medie reali).
Ma siamo un paese cosi’? Ho qualche dubbio che ci sia la tentazione di dire “ma in fondo a me chi me lo fa fare? finche’ dura cosi’…”
L’ho detto e lo ripeto, l’onere delle modernizzazione della filiera, che non puo’ piu’ essere ignorato, e’ di tutti. Ma scordiamoci che questo possa avvenire se non ci si mette a discutere di regole e cominciare a rispettarle.
Sull’argomento riscossioni ne abbiamo già discusso con GianPaolo in altra sede. Forse il sig.Bonfio ed i suoi associati sono delle mosche bianche , ma la situazione è quella descritta da GianPaolo se non peggio, per esempio io ho da riscuotere fatture con importi che vanno dai 200 ai 20.000 euro e sono già passati 4 anni…
Se le enoteche in Italia fossero solo 3/400 saremmo a posto, avremmo già strutturato il mercato e saremmo tutti soddisfatti. E poi ci sono dei disonesti che fanno il giro delle 7 chiese, produttori e distributori, per comprare qualche cartone ben sapendo che non lo possono pagare. Comunque, ripeto, il commercio va ristrutturato con l’aggiornamento delle Bersani, così non se ne esce. Il settore è diviso da un solo spartiacque: chi è proprietario dei muri sopravvive, gli altri invece soccombono. Faccio presente che il turn-over dei negozi, a Milano, è sceso sotto i 12 mesi e che sia la Camorra che la ‘Ndrangheta sono proprietarie di molti muri ed attività….
metto altra carne al fuoco…
Paolo premetto che spero le tue fatture sospese da 4 anni siano saldate.
Ma generalizziamo un attimo, perchè tra colleghi (mi piace usare questo vocabolo perchè concorrente mi suona male) certe informazioni non girano? se un tizio, ristoratore o meno, ha il vizio di pagare a suo piacere diciamocelo. Invece siamo tutti li pronti ad aspettare che il collega si stufi e si tolga dai piedi per prendere il suo posto e allargare cosi il buco dell’insolvente. Nella mia zona io so che servire certi locali ha un alto rischio, perchè io la mia zona la conosco e sono da molti anni sulla piazza, ma tanti agenti e venditori fanno la fila fuori da questi posti, prima per vendere, poi a lungo per incassare (sperando non cessino prima l’attività!) !! Addirittura qualcheduno di questi ultimamente mi chiama per sapere cosa ne penso di questo o quel locale….
Aggiungo una cosetta per sviluppare il tema:
mettetevi un attimo dall’altra parte della barricata, avete aperto un locale con la liberalizzazione del commercio, non avete grande esperienza del settore e avete mutui (come tutti) da pagare… arriva il fornitore del caffe’ e vi “regala” la macchina del caffè e magari vi allunga qualche euro per entrare nel locale, entra il distributore di birre e bevande e vi “regala” le spese del bancone se mettete la sua birra e il suo impianto, arriva il venditore di vini e vi omaggia di bottiglie sui vostri ordini e magari vi dice, metti un po’ piu’ di bottiglie poi me le paghi (ma quando a 60, 90, 120, boih!!)…. e non vado oltre perchè c’è anche il fornetto delle brioches e la macchina del gelato o della cioccolata…
Questo è il sistema di vendita in essere da anni, rendiamocene conto!!! si è abituato il cliente a regali, omaggi e pagamenti liberi…
Ora ne traiamo le conseguenze in un periodo di crisi.
Vabbè ora mi fermo qui, poi svilupop altre cose in un altro scritto.
andrea
Gentilissimi Signori,premetto una presentazione. sono agente di commercio dagli anni 80 e “figlio d’arte” di un agente in attività da oltre 50 anni. In più,da qualche anno ho anche un attività di distribuzione. Mi ritengo quindi “persona informata dei fatti” su costi di distribuzione, pagamenti ecc.
Sono anni che si parla dei ritardi di pagamento e probabilmente se ne continuerà a parlare ancora a lungo. C’è un problema alla fonte: l’eccesso di concorrenza. Ci sarà sempre una parte dei produttori e dei venditori disposta a fornire i cattivi pagatori.
Le aziende che possono permettersi di essere intransigenti sui pagamenti sono molto poche e poco amate dalla clientela.
Non è vero sempre vero che i clienti cattivi pagatori sono quelli che prima o poi chiuderanno, qualche volta sono signori molto benestanti che semplicemente approfittano di una situazione di mercato.
Per favore non nascondiamoci dietro il dito dei costi del magazzino,molti pagano molto dopo aver venduto, lo testimonia il fatto che ordinano più volte gli stessi prodotti prima di pagare.
Attenzione al gioco al massacro sugli agenti di commercio: è vero che alcuni sono dilettanti poco competenti, ma non sono i soli nella filiera.
La considerazione che faccio è questa: se ci fosse un sistema più economico per vendere , le aziende lo utilizzerebbero. Se anche produttori con fatturati importanti utilizzano agenti non è certo per fare beneficenza ad una categoria che non ha nessun tipo di posizione privilegiata per legge.Se il Signor Bonfio vuole acquistare da aziende che non hanno agenti niente e nessuno glielo impedisce e sicuramente lo fanno molti.
Se invece un’azienda, per costruire il suo avviamento commerciale e costruirsi una clientela, preferisce utilizzare la figura professionale di un agente è perchè un venditore dipendente dell’azienda sarebbe un costo fisso difficilmente tollerabile.
A stretto rigor di logica gli unici attori assolutamente indispensabili sono il produttore ed il consumatore, ma che direbbe se proponessi di considerare le Enoteche “non ineluttabili”?
Quanto al signor Baccaglio,mi spiace ma anche lei fa il conto senza l’oste, ovvero il distributore, se vuole la invito nella mia piccola aziendina a verificare i costi, così forse, entusiasmato dai folli ricarichi dei distributori di vino in Italia, me la compra.
Riccardo.
Caro Riccardo,
leggo con interesse il suo commento di diretto interessato. Sono sicuro che quando dice che non fa abbastanza soldi con la sua piccola azienda di distribuzione dica il vero.
Il mondo della distribuzione all’ingrosso, nei casi che io conosco del materiale IT oppure anche del vino in USA e’ caratterizzato da una forte concentrazione degli operatori, non da tanti piccoli operatori con mandati territoriali circoscritti.
La concentrazione consente economie di scala che riducono i costi, forza contrattuale con i produttori e con i clienti sui tempi di pagamento e significativa posizione di mercato, dato che un dettagliante non puo’ fare a meno di lei (ma nemmeno il produttore, per certi versi).
Come ho già avuto modo di scrivere tra questi commenti, i ricarichi che siete costretti ad applicare sono troppo elevati per un esercizio all’ingrosso.
La sua conclusione “me la compra” non e’ peregrina, e le dico anche che l’idea di comprare un po’ di distributori per cercare di concentrare il mercato e creare un distributore a livello nazionale e’ qualcosa che gia’ da qualche tempo ronza nella testa di un po’ di gente…
a presto
bacca
Buonasera, sono capitata su questo articolo cercando info sul markup che viene imposto sugli alcolici nel corso della catena distributiva. Considerando i tre passaggi: produttore – distributore – barista, di quanto aumenta ad ogni passaggio il prezzo finale alla quale poi si trova in vendita l’alcolico? grazie infinite.
Buonasera, credo che non sbaglia di molto se considera che il distributore che compera dal produttore ricarica il 30%, e a sua volta il dettagliante ricarichi tra il 60% e l’80%. Dopo quello ci mette sopra il 22% di IVA. Quindi uno per l’altro un vino che il produttore vende al distributore a 10 finisce sullo scaffale tra 25 e 30 euro.
Su quanto costa al produttore il vino che ha venduto a 10 euro potremmo scrivere interi libri. Diciamo che quanto piu’ il vino e’ di qualita’ tanto piu’ il margine del produttore cresce perche’ questo margine giustifica la sua bravura e il marchio ma soprattutto i fattori produttivi che hanno concorso a produrlo
Marco