La brand awareness delle DOC e DOCG Italiane – sondaggio ISMEA

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[English translation at the end of the document]
Fonte: ISMEA
ISMEA ha domandato a un campione di 601 persone di dire se conoscevano o meno le denominazioni italiane. Ne sono uscite tre classifiche, che vi presento oggi, nelle quali potete avere un’idea della cosiddetta “brand awareness” (licenza poetica) delle denominazioni italiane. Alla fine vi metto i dati anche in forma tabellare se ne aveste bisogno. Sorprese? Beh, qualcuna si anche se saremo tutti molto influenzati dalle nostre preferenze e conoscenze personali. Io trovo il Barbaresco poco conosciuto e il Brachetto d’Acqui molto, poi considererei stranamente sconosciuto il Sagrantino. In linea di massima si puo’ dire che la gerarchia DOCG-DOC-IGT e’ rispettata: come vedete dal primo grafico, il grado di conoscenza medio delle denominazioni DOCG (le prime 15) e’ del 39%, contro il 28% per lo stesso numero sulle DOC e il 13% sulle IGT. Diciamo che la categoria IGT e’ obiettivamente poco conosciuta.

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Partiamo con le DOCG: Chianti, Barolo e Brunello e Asti la fanno da padroni essendo riconosciute da almeno il 50% degli intervistati. Nel caso del Chianti (76%) presumo si inseriscano delle considerazioni storiche, ma anche il fatto che si tratta della denominazione con la produzione di gran lunga superiore (1.3m/hl nel 2005). Brunello e Barolo sono molto vicini intorno al 60%. Nel campo degli spumanti, Asti al 54% e’ chiaramente il piu’ conosciuto con il Franciacorta al 41% (mentre il Talento trentino non risulta tra le DOC, e quindi dovrebbe essere sotto il 13% per grado di riconoscimento). Come dicevo, sono piuttosto sorpreso del 47% del Brachetto d’Acqui, tanto quanto che il Barbaresco conosciuto tanto quanto il Montepulciano d’Abruzzo (34% contro 35%). Anche l’11% del Sagrantion e’ un numero sul quale sinceramente non avrei scommesso.

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Entrando nel mondo delle DOC, come dicevamo i vini sono generalmente meno conosciuti, tanto che il leader Barbera d’Asti e’ riconosciuto da meta’ del campione contro oltre i tre quarti per il Chianti nelle DOCG. Va detto che nel caso del Barbera d’Asti non si tratta del primo per produzione (anche se potrebbe esserci un’influenza del nome Barbera che vanta produzioni significative), che invece risulta essere l’Oltrepo’ Pavese (seguito a breve distanza dal Montepulciano d’Abruzzo). Mentre pero’ il Montepulciano e’ ben conosciuto (47%), l’Oltrepo’ vanta un livello di conoscenza molto inferiore, intorno al 28%, superato dalle principali denominazioni venete (Bardolino-Soave-Valpolicella), ma anche da due denominazioni bianche quali il Verdicchio di Jesi e il Trebbiano d’Abruzzo.

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Passando alle IGT, io ho qualche dubbio che questi valori possano dirci qualcosa. Innanzitutto, ci troviamo di fronte a una classifica dove non c’e’ un vero leader, con Toscana, Sicilia e Veneto IGT che sono tutte intorno al 24%. E’ questo tipo di denominazione intermedia un campo dove lavorare per la promozione ma anche in cui domandarsi il senso vero di una promozione, cioe’ se questa promozione non sia meglio spesa nel campo delle DOC o delle DOCG.

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ISMEA asked a sample of 601 people whether they know or not the key Italian denomination. It presented three rankings, where you can get an idea of the so-called brand awareness of wine designations in Italy. Surprises? Well, some yes, althouth I might clearly have been influenced by my personal preferences and knowledge. For example, I find strange to see Barbaresco less known than Brachetto d’Acqui, then I would consider strange to see Sagrantino so low. In principle, the hierarchy DOCG-DOC-IGT was respected: as you can see from the first graph, the brand awareness of DOCG (the first 15) is 39%, compared to 28% for the first 15 DOC and 13% on IGT. We will conclude that category IGT is really showing poor brand awareness.
We move on with the DOC: Chianti, Barolo and Brunello and Asti are the masters, being recognized by at least 50% of respondents. In the case of Chianti (76%) we would consider the impact of the tradition, but also the fact that it is the denomination with the highest production in Italy (1.3m/hl in 2005). Barolo and Brunello are very close at around 60%. In the field of sparkling wines, Asti reaches 54% and is the leader, followed by Franciacorta with 41% (while the Talento of Trentino is not included in the DOC ranking and therefore should be below 13%). I am rather surprised by 47% of Brachetto d’Acqui, as much as that Barbaresco has the same awareness of Montepulciano d’Abruzzo (34% vs. 35%). Even the 11% of Sagrantino is a number on which frankly I would not have bet.
Entering the world of DOC, as we said wines are generally less well known, so that the leader Barbera d’Asti is known by half of people against over three quarters for the Chianti DOCG. It must be said that in the case of Barbera d’Asti it is not the first for production (although there could be an influence of the name Barbera which has significant production), which is Oltrepo’ Pavese (followed by Montepulciano Abruzzo). While Montepulciano is well-known (47%), Oltrepo’ boasts a much lower brand awareness, around 28%, exceeded by the main denominations of Veneto (Bardolino-Soave-Valpolicella), but also by two white denominations (Verdicchio di Jesi and Trebbiano d’Abruzzo).
Turning to IGT, I somehow doubt that these values can tell us something. First, we are in front of a ranking where we can’t find a true leader (Tuscany, Sicily and Veneto IGT are all around 24%). Second, this type of intermediate denomination, which is a sort of superior table wine, would really need some promotion to be upgraded. However a clear trade off exists: is it worth investing in IGT denomination or is it better to try to strengthen the DOC-DOCG ones? I bet the latter option…

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Fondatore e redattore de I numeri del vino. Analista finanziario.

7 Commenti su “La brand awareness delle DOC e DOCG Italiane – sondaggio ISMEA”

  • daniele brunori

    Sarebbe interessante testare la brand awareness anche sui mercati esteri per saggiarne l’effettiva utilità.

  • gianpaolo

    Bel lavoro Bacca (o Aldo, si vede chi scrive?).
    Dal dato da voi riportato qualche tempo fa, prima del Vinitaly, che evidenziava come il Morellino fosse tra le prime 10 qualità di vino vendute in Italia, mi sarei aspettato di vederlo da qualche parte dentro questa classifica. Come te lo spieghi?

  • bacca

    Grazie Gianpaolo.

    Le differenze tra le due statistiche sono: quello della GDO fatte da Aldo sono statistiche di vendita sulla GDO, mentre questo e’un campione di 601 persone ai quali hanno chiesto se conoscono un certo prodotto.

    Possibili spiegazioni: (1) il Morellino viene soprattutto venduto attraverso la GDO; (2) il Morellino lo mettono vicino al Chianti che e’ venduto in grandi volumi; (3) il Morellino e’ un ottimo rapporto prezzo qualita’ che va bene per i clienti del supermercato e viene pubblicizzato come ottimo vino toscano con un prezzo piu’ basso del Chianti e dei vini di Montalcino…

    (4) il sondaggio ISMEA ha preso 601 persone che non vanno al supermercato :-))

    bacca

  • aldo

    Ma io tutta questa separazione tra i consumatori non la vedo, non credo che la gente compri solo in un canale.
    Credo che il mercato del vino sia fatto consumatori molto infedeli al canale.
    Anche nel lavoro sui wine lovers, la gdo ha una buona posizione, io fossi un enotecario mi preoccuperei del fatto che i wine lovers preferiscono andare a comprare in cantina piuttosto che in enoteca ma soprattutto perchè ci vanno?

  • aldo

    Francesco, in realtà se ho ben interpretato i risultati del sondaggio, è il consumatore che preferisce saltare un passaggio, sarebbe interessante capire perchè, leggendo le altre domande la risposta sembra essere perchè hanno informazioni e degustazioni, e perchè i wine lovers ricercano i dati su internet, cioè provano ad andare alle fonti.
    Tutto questo naturalmente senza dargli alcun valore ne positivo ne negativo.

  • francesco bonfio

    Aldo, buongiorno.
    Certo che è il consumatore che vuole saltare un passaggio. Io non lo biasimo per questo. Credo che sia naturale per chiunque, anche noi del trade quando siamo consumatori, di voler acquistare il massimo con il minimo possibile.
    Infatti, piuttosto che chiedersi perchè il consumatore voglia andare alla fonte, ritengo che il nodo lo debba sciogliere il produttore. Non può volere che noi gli compriamo il prodotto, lo proponiamo al consumatore, e poi farci concorrenza. Vuole vendere direttamente e a prezzi più bassi? Lo faccia e noi cercheremo qualcun altro che rispetta di più il nostro lavoro e la nostra professionalità.
    Non possiamo prendercela con il consumatore. Voglio ben vedere cosa farebbe il consumatore se il produttore gli negasse la vendita, dicendogli di rivolgersi alla tale enoteca, piuttosto che al talaltro supermercato.
    Ecco perchè ho commentato auspicando una riflessione del produttore.
    Cordiali saluti.
    Francesco Bonfio

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